Ne esce, alla fine della giornata parlamentare, una Meloni che forse mai come oggi si era schierata così esplicitamente con Trump. Ha annunciato che andrà al Consiglio Europeo a mettersi di traverso sull’uso degli asset russi. Roma eventualmente vorrebbe usarli per la ricostruzione. Come eventualmente vorrebbe Trump, in nome degli affari. Ha ribadito che non ci saranno soldati italiani in Ucraina, mentre gli europei discutono di questo. Ha evocato una concordia Europa-Stati Uniti che non può esistere nel momento in cui l’amministrazione Usa descrive l’Unione Europea come una realtà ostile.
“Vi dite patrioti ma se giocate contro l’Europa giocate anche contro l’Italia” incalzano dal Pd, ricordando come dagli Stati Uniti si accrediti l’Italia come uno dei paesi grimaldello per scardinarla. Sull’Ucraina, e sull’unità europea, date le premesse di oggi l’Italia sarà un ostacolo, non un punto di forza. Le opposizioni: Elly Schlein prende la parola, rivendica un ruolo europeo nelle trattative di pace, e attacca: “Salvini ora fa il portavoce del Cremlino?”.
Facile, per le opposizioni, mettere il dito in quella piaga anzi in quelle piaghe. Un po’ meno facile prendere atto delle proprie divisioni. Quelle di bandiera, per cui ciascun gruppo presenta la sua mozione, e così sono sei, con inevitabile ironia del governo. E le divisioni di sostanza, con battute a sinistra del tipo “si deve pensare alle pensioni, non all’Ucraina”, con il capogruppo 5 Stelle Ricciardi che fa un discorso anti Ucraina che non dispiacerebbe al Salvini attaccato da Schlein, con Conte che sui beni russi congelati manda un avviso di fuoco a Meloni: “Stia attenta alle firme che mette a nome degli italiani sugli asset russi. È pericolosissimo”.
Provenzano, del Pd, che aveva difeso l’Europa e l’Ucraina, in Transatlantico dice: “siamo il partito di maggioranza, imporremo la nostra linea”. Alle opposizioni, viste oggi alla Camera, converrebbe che la guerra in Ucraina finisse prima delle prossime elezioni.


