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Meloni al Senato: un gioco di equilibrismo per non scontentare gli alleati

meloni difesa senato

Traspare una certa irritazione nei confronti dell’alleato Salvini, che tra l’altro oggi al Senato nemmeno si è fatto vedere e che si è affrettato a dare il benestare alla relazione di Meloni, come dire “Hai fatto quello che ti avevo chiesto”. “I leader si distinguono dai follower”, ha detto ad un certo punto la presidente del Consiglio quando ha ricordato il suo appoggio all’Ucraina sin dalla prima ora. Non ha citato il capo della Lega, ma è molto probabile che si riferisse a lui, che ha il primato di propaganda e follower.

Ma al di là di queste affermazioni, Meloni oggi pur di ottenere il voto di tutta la maggioranza in vista del Consiglio Ue, ha premuto ancora di più il tasto del trumpismo. Non che non ne sia convinta, è una scelta di parte già nota, ma nelle comunicazioni ha concesso a Trump una posizione ancora più morbida sui dazi: “Bisogna agire con buon senso”, ha detto, andando in senso contrario rispetto al dibattito su questo tema nella Commissione europea e poi gli ha concesso grande fiducia per le trattative di tregue tra Russia e Ucraina.

Sul riarmo, durante la replica, ha ridimensionato di molto il piano di Von der Leyen, “È un annuncio molto roboante rispetto alla realtà,” un piano che la presidente del Consiglio non accoglie, pur avendolo fatto votare a Strasburgo qualche giorno fa. Descrive una difesa europea che si concentra non solo sull’acquisto delle armi, ma sulla sicurezza, ridimensionando l’impatto che questo avrebbe sul Pil e il debito pubblico, assicurando nessun uso dei fondi di coesione e nessuna conseguenze sulle spese della sanità. Un piano di difesa nell’ambito dell’alleanza, quindi con un solido sistema di accordo con gli Stati Uniti.

Su questo Giorgia Meloni non cambia posizione: l’alleanza con Trump resta per lei invariata, ciò che invece evidenzia una sorta di imbarazzo nelle sue parole è la linea che vuole dare nei rapporti con Von der Leyen e la Commissione. Essere un ponte tra Europa e Stati Uniti è sempre più complicato e se deve scegliere sta dalla parte di Donald Trump, per la necessità di tenere insieme il governo e per ideologia. Nella risoluzione che la destra vota al Senato scompare la parola armi, solo due righe per parlare del piano, ma Von del Leyen non è nemmeno citata. Sono le condizioni di Salvini per non creare ulteriori tensioni e al momento Meloni le accetta.

  • Autore articolo
    Anna Bredice
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    Violenza stradale, numeri un po' in calo. Il rimedio: l’educazione e diminuire la velocità

    L’Istat ha pubblicato i report sugli scontri stradali, su base regionale (relativi al 2024) e anche alcuni dati sui primi sei mesi di quest’anno. Ci sono meno feriti e meno vittime sulle strade, anche se i numeri restano ancora drammaticamente elevati. Secondo l’Istituto di Statistica nel primo semestre del 2025 i morti sono stati 1310 (si parla di morti per scontri stradali se il decesso avviene entro 30 giorni dall’evento, quindi sono escluse le persone che muoiono, nonostante la causa siano le conseguenze dello scontro, oltre quel limite temporale) contro i 1406 dello stesso periodo dell’anno precedente. I feriti sono stati 111090, anche in questo caso in calo rispetto al 2024, quando erano stati 112428. Gli obiettivi europei sulla sicurezza stradale prevedono il dimezzamento del numero di vittime e feriti gravi entro il 2030 rispetto all’anno di riferimento, che è il 2019. In Italia al momento registriamo una diminuzione del 4,5% (in Lombardia del 12,6). Bisogna ancora fare molto per riuscire a raggiungere l’obiettivo. Uno degli aspetti fondamentali, oltre la diminuzione della velocità, è l’incremento dell’educazione stradale. Stefano Guarnieri, padre di Lorenzo, morto nel 2010 a causa di un omicidio stradale a Firenze ha fondato l’associazione Lorenzo Guarnieri, che da anni si impegna a portare avanti un discorso di educazione. Alessandro Braga lo ha intervistato nella trasmissione Tutto Scorre.

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    Nubi sull'università italiana: si moltiplicano le adesioni alle università private telematiche, mentre alle statali il governo Meloni taglia i fondi. Ospite l'economista Gianfranco Viesti. E poi, il caso Raiplay Sound, la censura nei confronti di un podcast – prima autorizzato e poi annullato - sulla storia di Margherita Cagol, una delle fondatrici delle Brigate rosse. A Pubblica Nicola Attadio, uno degli autori insieme al giornalista Paolo Morando e al musicista Matteo Portelli.

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