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Mattarella lavora a un suo governo nel governo

Sergio Mattarella

Voci quirinalizie descrivono la situazione con una parola: caos.

Il Presidente è arrabbiato. Salvini e Di Maio non hanno smesso un secondo di scontrarsi sul nome del presidente del Consiglio e ancora una volta hanno fatto andare a pieno regime la macchina della loro propaganda per negare lo scontro in atto. Le rassicurazioni dello stesso Salvini e di Di Maio non nascondono la verità: il nome di Giuseppe Conte come presidente del Consiglio potrebbe essere già bruciato e non dalle polemiche sul curriculum ma da Lega e 5 Stelle che pubblicamente dicono “non è in discussione”. Lo schema è sempre quello da settimane: Di Maio non molla, a Palazzo Chigi vuole sedersi lui.

Alla Lega non sta bene. Al termine delle 24 ore che hanno seguito la salita al Colle dei due protagonisti politici, la salita dal Capo dello Stato che avrebbe dovuto chiudere la partita e che si era conclusa con dichiarazioni trionfali dei leader di Lega e 5 Stelle, Salvini ha ripreso in mano lo smartphone per l’ennesima diretta Facebook: “O si cambia l’Italia o si vota, più di così non so davvero cosa fare”.

Sono le stesse parole usate il 14 maggio. Anche quel giorno lui e Di Maio salirono al Quirinale, anche quel giorno promettendo che era fatta.

Siamo ancora qui.

Di suo, Sergio Mattarella aveva di suo più di una perplessità sul nome di Giuseppe Conte alla presidenza del Consiglio dei Ministri. Per questo aveva deciso un supplemento di indagine, anche con il diretto interessato, per cercare di capire se il professore avesse la capacità di costruirsi un proprio, solido, profilo politico in grado di renderlo autonomo da Lega e 5 Stelle.

La vera preoccupazione di Mattarella rimane relativa alle politiche del probabile governo pentastellato-leghista. Anche in questo caso, nulla è cambiato. L’Europa, con le tentazioni centrifughe. I conti pubblici, coi responsabili economici della Lega che vanno dicendo che le coperture finanziarie delle leggi sono un tema superato. Ecco perché non piace il nome di Paolo Savona al ministero dell’Economia. Salvini pubblicamente, attraverso le sue dirette, lo difende.

Ma Salvini potrebbe cedere. Al Presidente sul ministero dell’economia. E in teoria pure a Di Maio su palazzo Chigi. In cambio di una cospicua contropartita politica. Un suo uomo all’economia. E un allargamento della maggioranza a Fratelli d’Italia. “Se salta Conte si dovrà trovare un’altra maggioranza politica” diceva nel pomeriggio una fonte leghista.

Lo schema potrebbe non dispiacere nemmeno a Mattarella, alla fine. Il presidente gioca una sua partita nella partita. Quella della ‘messa in sicurezza’ del Paese. Come? Con un ‘governo del presidente’ dentro al governo vero e proprio, blindando le caselle strategiche: Economia, Esteri, Affari Europei, Difesa.

Le caselle di Esteri e Affari Europei sarebbero a posto, per il Quirinale, rispettivamente con Giampiero Massolo e Enzo Moavero Milanesi. Il primo è stato capo della segreteria di Gianfranco Fini alla Farnesina quando il segretario di Alleanza Nazionale era ministro degli Esteri e, in seguito, è stato direttore del Dis, il coordinamento dei servizi segreti italiani. Il secondo è già stato ministro degli Affari Europei con Mario Monti e con Enrico Letta.

All’economia, Mattarella accetterebbe il leghista Giancarlo Giorgetti che è sì leghista ma ha un curriculum e una propensione più rassicuranti. Alla difesa potrebbe spuntare la sorpresa, frutto del lavoro del Colle e della trattativa tra Lega e 5 Stelle: Guido Crosetto, di Fratelli d’Italia.

Sergio Mattarella
Foto | Quirinale
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    Luigi Ambrosio
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    “Quelle che arrivano dalla maggioranza sono delle sciocchezze, che sarebbero grottesche se non fossero pericolose perché tradiscono una chiara volontà di creare un clima di paura e di allarme, criminalizzando tutta la galassia dell’opposizione”. Così Benedetta Tobagi, intervistata da Luigi Ambrosio all'Orizzonte delle Venti, sui reiterati attacchi del Governo alle opposizioni accusate di fomentare la violenza. “Anche per ciò che porto nel mio nome, l’Italia ha nella sua storia una sinistra antifascista e democratica che non è mai stata violenta. Figure come mio padre e Aldo Moro sono state colpite addirittura dal terrorismo di sinistra. Questa è la storia che vergognosamente Meloni, Tajani e Salvini non riconoscono e che, invece, deve essere la nostra forza”.

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