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Se la Cina “diventa” economia di mercato

Il parlamento europeo ha detto no, ma nei prossimi mesi le cose potrebbero cambiare. Il tema è il riconoscimento della Cina come economia di mercato: uno status che le permetterebbe di esportare più facilmente nel nostro continente. Il voto dell’assemblea di Strasburgo è un segnale alla commissione di Bruxelles, che entro fine anno dovrebbe fare la sua proposta in materia.

“Se le autorità di Pechino otterranno un sì potranno invadere ancora di più i nostri mercati”, conferma Mario Deaglio, professore esperto di economia internazionale. “La questione riguarda soprattutto beni di larghissimo consumo, che per un certo periodo potrebbero essere venduti a prezzi più bassi dei loro costi, con l’obiettivo di sfondare ai danni della concorrenza. Questo fa molta paura alle nostre imprese attive nei settori coinvolti”. Tra i più colpiti potrebbe esserci quello tessile, ma anche la siderurgia. A marzo la produzione cinese di acciaio ha toccato livelli record e c’è stato un forte aumento delle esportazioni.

Nel 2001 l’organizzazione mondiale del commercio ha accolto la Repubblica Popolare a condizione che entro 15 anni diventasse un’economia di mercato. “I requisiti necessari per ottenere questo status sono sempre un po’ vaghi – dice Deaglio. – Quelli europei sono più stringenti, mentre gli americani tendono a essere di bocca buona quando si tratta di fare affari. Ci sono norme di concorrenza che la Cina ha una certa difficoltà a rispettare. Un esempio è la copiatura di prodotti su larga scala: hanno approvato una legge per eliminarla, ma è nel costume della gente. Poi c’è il problema degli aiuti di stato. Molte grandi imprese cinesi sono pubbliche, alcune addirittura dell’esercito”.

La scelta su cui le istituzioni europee stanno discutendo è politica, oltre che tecnica. “L’indicazione del parlamento di Strasburgo – prevede Deaglio – potrebbe non essere seguita dalla commissione, che teme la reazione cinese di fronte a un rifiuto dello status di economia di mercato. Le autorità di Pechino potrebbero aumentare gli ostacoli alle possibilità di azione delle nostre aziende nel loro paese”. Dove sono presenti già migliaia di imprese italiane.

Ascolta Mario Deaglio sugli effetti del riconoscimento della Cina come economia di mercato

Mario Deaglio

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    Andrea Monti
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    L’Istat ha pubblicato i report sugli scontri stradali, su base regionale (relativi al 2024) e anche alcuni dati sui primi sei mesi di quest’anno. Ci sono meno feriti e meno vittime sulle strade, anche se i numeri restano ancora drammaticamente elevati. Secondo l’Istituto di Statistica nel primo semestre del 2025 i morti sono stati 1310 (si parla di morti per scontri stradali se il decesso avviene entro 30 giorni dall’evento, quindi sono escluse le persone che muoiono, nonostante la causa siano le conseguenze dello scontro, oltre quel limite temporale) contro i 1406 dello stesso periodo dell’anno precedente. I feriti sono stati 111090, anche in questo caso in calo rispetto al 2024, quando erano stati 112428. Gli obiettivi europei sulla sicurezza stradale prevedono il dimezzamento del numero di vittime e feriti gravi entro il 2030 rispetto all’anno di riferimento, che è il 2019. In Italia al momento registriamo una diminuzione del 4,5% (in Lombardia del 12,6). Bisogna ancora fare molto per riuscire a raggiungere l’obiettivo. Uno degli aspetti fondamentali, oltre la diminuzione della velocità, è l’incremento dell’educazione stradale. Stefano Guarnieri, padre di Lorenzo, morto nel 2010 a causa di un omicidio stradale a Firenze ha fondato l’associazione Lorenzo Guarnieri, che da anni si impegna a portare avanti un discorso di educazione. Alessandro Braga lo ha intervistato nella trasmissione Tutto Scorre.

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    Nubi sull'università italiana: si moltiplicano le adesioni alle università private telematiche, mentre alle statali il governo Meloni taglia i fondi. Ospite l'economista Gianfranco Viesti. E poi, il caso Raiplay Sound, la censura nei confronti di un podcast – prima autorizzato e poi annullato - sulla storia di Margherita Cagol, una delle fondatrici delle Brigate rosse. A Pubblica Nicola Attadio, uno degli autori insieme al giornalista Paolo Morando e al musicista Matteo Portelli.

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