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L’urlo di Gaza, i poeti non muoiono mai

Heba Abu Nada (poetessa di Gaza)

In un momento in cui Gaza cerca di sopravvivere tra massacri, arresti e distruzione, questa raccolta cattura il respiro di una terra in cui la poesia fa ancora rima con presenza e resilienza.Quella tra la Palestina e la poesia è una lunga storia d’amore. Questa passione nasce da un profondo legame degli scrittori al più antico e popolare modo di espressione nel mondo arabo.Ma non solo, essendo più facile da trasmettere e da memorizzare, i palestinesi ritengono la poesia la più attrezzata per aggirare la censura e le misure repressive israeliane.

Nella prefazione di “Il loro grido è la mia voce. Poesie da Gaza” lo storico israeliano Ilan Pappé ringrazia i giovani palestinesi che sui social stanno documentando con i loro filmati ciò che accade nella striscia “Queste immagini – scrive – hanno contribuito a corroborare l’accusa di genocidio e a sfidare i negazionisti, ma – aggiunge – non riescono a descrivere appieno ciò che accade all’anima, alla mente e al corpo degli essere umani sottoposti a questa disumanità. I dieci giovani poeti di Gaza – conclude Pappé – aprono uno scorcio su questa parte di sofferenza e di resilienza umane di fronte al genocidio.”

Due di loro – Heba Abu Nada (nella foto) e Refat Alarir – sono stati uccisi dai bombardamenti israeliani.

Le 32 poesie di questo libro raccontano meglio di qualunque altra cosa le paure e le sensazioni di donne e uomini intrappolati nella striscia. Ma non c’è odio verso l’aggressore.

Basta ascoltare Hend Joudah nata nel campo profughi di al-Bureij a Gaza. La sua prima raccolta di poesie è intitolata “Nessuno se ne va, sempre”. Ha scritto poesie, canzoni, racconti e diverse sceneggiature per documentari “Cosa significa essere poeta in tempo di guerra? Significa chiedere scusa, chiedere continuamente scusa, agli alberi bruciati, agli uccelli senza nidi, alle case schiacciate, alle lunghe crepe sul fianco delle strade, ai bambini pallidi, prima e dopo la morte e al volto di ogni madre triste o uccisa. Cosa significa essere al sicuro in tempo di guerra? Significa vergognarsi del tuo sorriso, del tuo calore, dei tuoi vestiti puliti, delle tue ore di noia, del tuo sbadiglio, della tua tazza di caffè, del tuo sonno tranquillo, dei tuoi cari ancora vivi, della tua sazietà, dell’acqua disponibile, dell’acqua pulita, della possibilità di fare una doccia e del caso che ti ha lasciato ancora in vita. Mio Dio, non voglio essere poeta in tempo di guerra”.

Le poesie sono state scritte in gran parte a Gaza, in condizioni di estrema precarietà, poco prima di essere uccisi dai bombardamenti come ultima preghiera o testamento poetico. È il caso di Heba Abu Nada, biochimica e poetessa. Il ottobre 2023 fu uccisa a Khan yunis da un bombardamento israeliano. Aveva 32 anni.La notte di Gaza è buia tranne il bagliore dei razzi,silenziosa tranne a parte il fragore delle bombe,terrificante tranne il conforto della preghiera,nera tranne la luce dei martiri.

L’idea di questo libro nasce dalla lettura dei versi di Refaat Alareer “Se dovessi morire”. Refaat ha insegnato letteratura inglese presso l’Università di Gaza.“Se dovessi morire” Refaat l’ha scritta nel 2011 per la figlia Sheema e l’ha ripubblicata dopo il 7 ottobre. Nel mese di dicembre 2023 fu ucciso da un raid aereo dell’esercito israeliano insieme a due fratelli, una sorella e tre nipoti.Un mese dopo anche la figlia Sheema è stata uccisa in un attacco aereo insieme al marito e al loro figlio di due mesi.

Se dovessi morire,tu devi vivereper raccontarela mia storiaper vendere le mie coseper comprare un po’ di cartae qualche filo,per farne un aquilone(fallo bianco con una lunga coda)cosicché un bambino,da qualche parte a Gaza,guardando il cielonegli occhiin attesa di suo padre chese ne andò in una fiammasenza dare l’addio a nessunonemmeno alla sua stessa carnenemmeno a se stessoveda l’aquilone, il mioaquilone che tu hai fatto,volare là soprae pensi per un momentoche un angelo sia lìa riportare amore.Se dovessi morire,fa che porti speranzafa che sia un racconto!

Questa raccolta si chiude con la sensazione di aver attraversato un campo di rovine e di aver incontrato anime piene di coraggio e di fede in ciò che la poesia può fare in Palestina. E allora, cosa bisogna fare dopo aver letto questi versi salvati dall’orrore?Rispondiamo con le parole dello scrittore di Gerusalemme Karim Al Katan “Continuare ad ascoltare i poeti di Gaza. Accettare di essere perseguitati dalle loro ferite, dal loro dolore e compiere lo sforzo quotidiano di dare a ciascuno di loro l’onore che merita”.

Il loro grido è la mia voce. Poesie da Gaza (Fazi Editore).Raccolta di 32 poesie di 10 poeti palestinesi, in gran parte scritte a Gaza dopo il 7 ottobre (Hend Joudah, Nima Hassan, Yousef Elqedra, Heba Abu Nada, uccisa nell’ottobre 2023, Haidar al-Ghazali e Refaat Alareer, ucciso nel dicembre 2023).Prefazione Ilan Pappé.Interventi della scrittrice palestinese Susan Abulhawa e dal Premio Pulitzer Chris Hedges.Curatori Antonio Bocchinfuso, Mario Soldaini, Leonardo Tosti.

  • Autore articolo
    Chawki Senouci
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