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L’ultima vittima della Brexit

Jeremy Corbyn, il leader dei laburisti britannici, è andato in TV a dire che all’interno del suo partito non ci sono problemi. Nessuna crisi, tutto sotto controllo. Molte volte i media hanno bisogno di una crisi sulla quale speculare, e i media britannici non sono da meno. Ma all’interno del partito laburista i problemi ci sono sul serio. E la Brexit li sta accentuando.

Mercoledì, pochi minuti prima del voto finale sulla legge che consentirà al governo di Theresa May di avviare i negoziati con l’Unione Europea, si è dimesso da ministro ombra per gli affari economici uno dei più stretti collaboratori di Corbyn, Clive Lewis. “Devo rappresentare il mio collegio di Norwich – ha spiegato Lewis – potevo votare per la Brexit”.

L’uscita di Lewis dalla squadra di Corbyn è molto significativa. È solo l’ultimo ministro ombra a lasciare il leader del partito ed è sicuramente il più importante. Per il suo profilo e per le sue posizioni marcatamente di sinistra Lewis potrebbe addirittura essere il futuro segretario dei laburisti, in grado di tenere insieme un partito che ormai naviga a vista.

Jeremy Corbyn nega. Ha anche accusato la TV pubblica britannica, la BBC, di dare notizie false. Ma secondo molti la sua leadership sarebbe a rischio e lui stesso avrebbe indicato ai suoi più stretti collaboratori la data della sua uscita di scena. La conferenza del partito sarà entro fine anno.

Mercoledì, nel voto finale per dare il via libera al governo nel negoziato con l’Unione Europea, 52 deputati, quasi il 25%, hanno votato contro le indicazioni del partito e non hanno appoggiato il piano per la Brexit. “Quello che farò – ha detto Corbyn – è continuare a chiedere al governo di Theresa May giustizia sociale. Per questo sono stato eletto”.

In realtà la sua leadership, all’inizio acclamata anche all’estero come la rivincita della vera sinistra, si è dimostrata molto debole. Durante la campagna in vista del referendum sulla Brexit Jeremy Corbyn assunse una posizione ambigua e un profilo molto defilato. Non esattamente quello che ci si aspetterebbe da un capo in un momento cruciale per la storia del suo paese.

Anche su altre questioni il segretario del Labour ha preso posizioni poco chiare. È successo per esempio sulla crisi siriana e sul futuro di Assad e del regime di Damasco.

I tradizionali partiti della socialdemocrazia europea sono in crisi, pensate ai socialisti francesi oppure a quelli spagnoli. Da vedere cosa farà la SPD alle prossime elezioni in Germania. E la Gran Bretagna non è un’eccezione. Il momento storico è complesso e serve un approccio nuovo, diverso. C’è bisogno di nuove idee. Idee che probabilmente Corbyn non ha.

  • Autore articolo
    Emanuele Valenti
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