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Lo stato francese alla sbarra. Un collettivo di 14 cittadini e tre Ong fa causa al governo per inazione climatica

Greenpeace France

Marie Le Mélédo ha 37 anni e nel 2020 ha lasciato la sua casa vicino a Parigi, comprata due anni prima e per cui paga comunque un mutuo da 1200 euro al mese, perché rischiava di crollare. La causa? I frequenti periodi di siccità, insoliti per la regione, che hanno provocato il rigonfiamento del suolo e l’apparizione di crepe strutturali in tutto l’edificio.
Per Jérôme Sergent, contadino nel nord della Francia, il problema è la troppa acqua: i suoi terreni sono stati inondati otto volte in un inverno, impedendogli di lavorare. Nella provincia dell’Isère, non lontano dalla frontiera con l’Italia, le ondate di calore hanno aggravato le crisi epilettiche di un ingegnere di 45 anni mentre a Mayotte, nell’Oceano Indiano, la cronica penuria d’acqua impedisce agli abitanti non solo di dissetarsi ma anche di lavarsi o di cucinare.

Questi sono solo alcuni esempi di cittadini francesi che subiscono direttamente le conseguenze del riscaldamento globale. E che hanno deciso di portare lo Stato in tribunale per non aver protetto la popolazione. Un collettivo di 14 cittadini e tre ong, tra cui Greenpeace e Oxfam, già dietro la condanna della Francia nel 2021 per non aver mantenuto gli impegni sulla riduzione delle emissioni, ha appena inoltrato delle richieste precise al primo ministro e minaccia di presentare un ricorso davanti al Consiglio di Stato se non otterrà una risposta entro metà giugno.
Questo ricorso non servirà ad ottenere un risarcimento, ma ad obbligare il governo a rivedere il piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici presentato a inizio marzo. Il collettivo considera che Parigi non stia rispettando gli obblighi in materia sanciti sia dall’Unione Europea che dalla Carta sull’ambiente, a valore costituzionale. E che abbia varato un piano ‘completamente insufficiente’ e sotto-finanziato. Sulle 130 misure previste, solo 48 prevedono degli stanziamenti e la loro applicazione si basa unicamente su incentivi e misure una tantum. Le proposte, poi, non nascerebbero dalla valutazione dei rischi e delle vulnerabilità del paese e non terrebbero conto né dei bisogni delle popolazioni più fragili né delle specificità dei territori d’oltremare.
Un’opinione durissima, condivisa recentemente anche dall’indipendente Consiglio per il Clima.
L’azione, seppur complessa, non è totalmente inedita: qualcosa di simile si è visto nel Regno Unito nel 2023 e il procedimento è iniziato lo scorso autunno. Ma è la prima volta che coinvolge così tanti cittadini. “L’unione fa la forza”, dice il collettivo, che vuole parlare a nome di “decine di migliaia di persone”. Si stima infatti che un quarto dei francesi viva in zone alluvionali mentre gli incendi estivi hanno colpito metà delle province del paese nel solo 2022. Quell’anno, il più caldo mai registrato in Francia, i disastri climatici sono costati ben 10 miliardi di euro.
Se il ricorso al Consiglio di Stato dovesse fallire, il collettivo prevede già di andare davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo. La stessa corte che un anno fa ha dato ragione agli Anziani del Clima, condannando la Svizzera per inazione climatica. La loro battaglia giudiziaria è appena iniziata.

  • Autore articolo
    Luisa Nannipieri
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