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Le città francesi boicotteranno il Mondiale di calcio in Qatar

mondiale

Il movimento è iniziato a fine settembre, quando diverse piccole città francesi hanno fatto notizia annunciando che non avrebbero installato neanche un grande schermo per ritrasmettere il Mondiale di calcio in Qatar.
Poi sono arrivate le grandi città: Strasburgo è stata la prima a dire che boicotterà la competizione. Sabato scorso è toccato a Lille, domenica si è fatta sentire Bordeaux e lunedì anche Marsiglia e Parigi si sono aggiunte alla lista, seguite a ruota da diverse altre medie e piccole città che non trasmetteranno le partite. “Se la mia città dovesse creare delle fan zone, ha detto il sindaco verde di Bordeaux riassumendo un sentimento diffuso, avrei l’impressione di diventare un complice di questa manifestazione sportiva che rappresenta tutte le aberrazioni umanitarie, ecologiche e sportive.”

Mancano meno di due mesi dal fischio d’inizio del mondiale e in Francia è da diverse settimane che il tema è diventato scottante.
Amnesty International, che parla di migliaia di morti sui cantieri qatari, ha moltiplicato le critiche e la pressione sulla federazione francese, riuscendo a strapparle proprio questo martedì un’apertura sulla creazione di un fondo per le vittime sul lavoro. A metà settembre, l’ex giocatore Eric Cantona aveva annunciato che non guarderà le partite, parlando di questo mondiale come di “una follia” e “un orrore umano”.
Più recentemente ha fatto scalpore la notizia che 160 aerei voleranno ogni giorno dentro e fuori dal Qatar per trasportare i tifosi: uno ogni dieci minuti. In un paese dove uno spostamento del PSG in jet per giocare un match a due ore da Parigi in treno ha fatto scandalo, è qualcosa di mostruoso.
Inoltre, nessuno mette in dubbio le accuse di corruzione che pesano su un evento diventato il simbolo del calcio puro business e che coinvolgono direttamente l’ex presidente francese Sarkozy e l’ex presidente dell’UEFA Platini. Insomma, per molti tifosi guardare o meno questo mondiale è un vero caso di coscienza e non sono pochi ad aver aderito all’hashtag ramener la coupe à la raison, cioè riportare la coppa alla ragione, anziché alla maison, a casa, come dice la canzone che celebra la vittoria della Francia di quattro anni fa.

Del resto, a questo punto, è difficile immaginare alternative al boicottaggio cittadino, visto che quello mediatico, quello delle federazioni qualificate e quello istituzionale sembrano fuori discussione.
I membri del governo lo hanno detto chiaramente e persino l’ex presidente Hollande ha detto che lui, se fosse ancora il capo di stato, non ci andrebbe ma non potrebbe impedire ai calciatori della nazionale di scendere in campo. E che effetto avrebbe davvero un boicottaggio diplomatico, come quello alle olimpiadi invernali di Pechino, si interroga le Monde?
Rimane, dicevamo, lo sciopero del tifoso, che le città francesi, soprattutto quelle a guida ecologista, stanno cercando di sostenere. Promettendo che il boicottaggio continuerà anche se la Francia dovesse arrivare in finale. Una decisione, diciamolo, più simbolica che altro visto che le fan zone a novembre non avrebbero certo lo stesso appeal.

  • Autore articolo
    Luisa Nannipieri
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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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    Anniversario numero 56 per la Strage di Piazza Fontana, quest’anno oltre alle istituzioni nella celebrazione del pomeriggio parleranno una studentessa di un liceo milanese e uno dei vigili del fuoco che entrarono per primi dopo lo scoppio della bomba, ci spiega Federico Sinicato, presidente dell’Associazione dei Familiari delle vittime di Piazza Fontana. “L’importanza del 12 dicembre va al di là della celebrazione e del ricordo che si fa in piazza, è una data storica per l’intero Paese perché è l’inizio della strategia della tensione che produce effetti devastanti e blocca di fatto il grande movimento di riforma del Paese nato dalle lotte dei lavoratori e degli studenti, basta pensare che l’approvazione del Senato dello Statuto dei lavoratori è del 11 dicembre, il giorno prima, il momento fu scelto come risposta all’avanzata dei diritti e se pensiamo che oggi questi valori vengono rimessi in discussione. E’ una data sacra per il Paese”, In Piazza dopo le celebrazioni istituzionali ci sarà il corteo dei movimenti con partenza alle 18.30 da Piazza XXIV Maggio. E ci sarà anche l’inaugurazione del memoriale “Non dimenticarmi“, un’installazione permanente nata dal basso che ricorda le vittime delle stragi, donata al Comune di Milano e installata in Piazza Fontana. L'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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    Federico Sinicato presidente associazione Familiari Vittime di Piazza Fontana ci racconta cosa sarà questo 12 dicembre e il percorso di avvicinamento nelle scuole, nei racconti e nelle testimonianze. Valter Boscarello Fondatore di Memoria Antifascista, ci presenta il corteo delle 18h30 (da Piazza 24 maggio fino a piazza fontana) dedicato ai movimenti e alla repressione delle lotte. Nel pomeriggio verrà inaugurato il memoriale “Non dimenticarmi“, un’installazione permanente dedicata a tutte le vittime delle stragi, voluta dal basso e accolta dal Comune di Milano. Linda Maggiori, giornalista freelance e attivista di The Weapon Watch l'osservatorio sul traffico d'armi nei portio italiani, ci racconta la sua inchiesta sulla "flotta del genocidio": le rotte delle armi dai porti italiani pubblicata per Altra economia dove dimostra come l'industria italiana e i porti italiani abbiano rifornito Israele per tutta la durata dell'attacco a Gaza in barba alla legge 185 che lo vieta e alle dichiarazioni del governo. Tiziana Ricci ci presenta la mostra alla Fabbrica del vapore sui 50 anni della radio, gratuita, libera e bellissima.

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