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L’autogol delle statue coperte

“Portare un ospite in un luogo sacro della classicità e poi coprire le statue che ospita, più che appianare le differenze le sottolinea”.

Sulla vicenda dei Musei Capitolini e delle statue coperte in occasione della visita del presidente iraniano Rohani, lo storico dell’arte Roberto Pinto, docente all’Università di Bologna e storico collaboratore di Radio Popolare, ha un suo punto di vista.

“Non mi sembra un gesto che metta un ospite a suo agio”, spiega nel corso del Microfono aperto.

Allora perché un’iniziativa del genere?

Secondo Roberto Pinto è da escludere che l’iniziativa possa essere stata pensata autonomamente dai responsabili dei musei. “Hai passato la vita su quelle opere e poi, quando arriva un ospite importante, non vuoi spiegargli l’importanza di queste statue? Non è credibile”.

Chi può averla decisa?

“Più che a un’azione autonoma dei responsabili del museo, penso al contrario. Se c’è un’esplicita richiesta, come funzionario pubblico non puoi che adeguarti”.

In queste ore l’attenzione si sta concentrando sulla responsabile del cerimoniale di Palazzo Chigi, sospettata di un eccesso di zelo che avrebbe messo in imbarazzo il governo e fatto addirittura inviperire il presidente del Consiglio. Chissà poi se è vero.

“Di certo non mi è sembrato un gran gesto – commenta Pinto – anche se ora probabilmente si sta montando un caso un po’ più grande del dovuto”.

Con una consapevolezza: che questa forse non sarà l’ultima volta e di certo non è la prima. Un episodio su tutti: un famoso quadro di Tiepolo, di fronte al quale Berlusconi riceveva gli ospiti, dopo averlo opportunamente “velato”.

Ascolta la conversazione con Roberto Pinto

roberto pinto

 

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    Massimo Bacchetta
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