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La ‘buona morte’ tra mito e realtà

Il titolo – L’accabadora – non deve ingannare, è lo stesso dell’affascinante romanzo di Michela Murgia e descrive la figura di una di quelle donne che accompagnavano alla “buona morte” le persone sofferenti. Figure forse esistite davvero nella prima metà del ‘900, ma potrebbe anche essere solo una leggenda. Per il suo film, il regista sardo Enrico Pau non ha fatto riferimento al romanzo della Murgia, ma a un saggio di Alessandro Bucarelli. A queste figure viene attribuito il dubbio che si tratti di un’invenzione, della costruzione di un mito, anche se è evidente – dice Pau – che queste storie sono fondamentali per ribadire il diritto a morire e a scegliere di porre fine alle proprie sofferenze in maniera dignitosa. Questo è il senso più profondo del film, un modo per indagare attraverso la tradizione ciò che oggi può offrire la scienza.

La leggenda dice che queste donne fossero anziane e che come strumento per finire le vite, queste usassero un martelletto, ma nel film si affida il momento letale alla pressione di un cuscino.

L’accabadora si inserisce in quel filone di film, ancora troppo esile in Italia, che affronta il tema dell’eutanasia, come recentemente hanno fatto Marco Bellocchio con La bella addormentata e Valeria Golino con Miele.

La protagonista del film è Donatella Finocchiaro, che dà volto e corpo a l’accabadora, si muove lenta e scura di casa in casa, in un villaggio rurale della Sardegna, dove la chiamano per far morire persone malate terminali. Da questo villaggio la scena si sposta a Cagliari alla fine dei bombardamenti della seconda guerra mondiale, dove Annetta incontra un medico (l’attore Barry Ward), mettendo insieme due aspetti differenti del territorio sardo e della storia dell’isola. Il villaggio immobile nel suo tempo e la città, vittima della guerra. Cagliari torna ancora una volta nel cinema di Enrico Pau, più irreale rispetto a Pesi leggeri e Jimmy della collina, due film alla ricerca di un realismo contemporaneo, narrazione di un’adolescenza pronta a perdersi.

Lo stile narrativo si concentra sui corpi, vivi e in decomposizione, sulle ombre delle stanze di morte e il chiarore delle macerie nella città bombardata. Pau ama citare Pasolini parlando dello stile frammentato del suo film, che va a pescare nella tradizione dei luoghi, espressione di storie antichissime.

L’accabadora, presentato in anteprima a La Valigia dell’Attore, uscirà nelle sale italiane a metà ottobre. Nel cast Carolina Crescentini e Anita Kravos e i costumi sono di Antonio Marras.

Ascolta l’intervista al regista Enrico Pau

Enrico Pau_Accabadora

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    Barbara Sorrentini
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