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La serie Tokyo Vice arriva in Italia su Paramount+

Tokyo Vice

La serie Tokyo Vice arriva in Italia su Paramount+. Michael Mann è riconosciuto come uno dei grandi maestri viventi del cinema americano – per quanto, soprattutto nella seconda parte della sua carriera, non vada sempre d’accordo con il sistema hollywoodiano (né con gli incassi al botteghino, e le due cose sono direttamente collegate). In Heat – La sfida ha riunito due grandissimi attori come Al Pacino e Robert De Niro, in Collateral ha fatto fare il cattivo a Tom Cruise, in Alì ha inaugurato la carriera da divo “serio” di Will Smith.

Da agosto a ottobre scorsi era in Italia per le riprese del suo Ferrari, un progetto che coltiva fin dal 2000, che ancora non ha una data d’uscita confermata, e che i suoi fan ardentemente attendono, visto che il suo ultimo film, Blackhat, risale al 2015. Ma i suoi inizi professionali e, soprattutto, il suo primo grande successo sono televisivi: già dagli anni 70 aveva iniziato a lavorare per la serie poliziesca Starsky & Hutch e dal 1984 è la principale mente creativa dietro uno show destinato a segnare l’immaginario, Miami Vice. Sonny e Rico, i due agenti della narcotici impegnati in pericolose missioni sotto copertura, sempre elegantissimi nei loro completi Armani a bordo di un’iconica Ferrari, sono diventati per molti un emblema degli anni 80, anche se sotto lo stile, come sempre in Mann, c’erano dense storie noir e appassionanti casi polizieschi.

Anche se di Miami Vice non ha diretto nessun episodio, era risaputo che Mann avesse il controllo su ogni singolo aspetto della produzione – tanto da essere uno dei primi produttori televisivi a essere identificato come “Autore” con la A maiuscola, quando ancora era molto raro – e le idee che fecero il successo della serie – i colori, la musica, l’atmosfera – erano quasi tutte farina del suo sacco. Dopo Miami Vice fece un’altra serie, Crime Story, che ebbe però vita breve e si dedicò prevalentemente al cinema, anche se è da ricordare la regia dell’episodio pilota di Luck, serie ambientata nel mondo delle corse dei cavalli creata da David Milch.

Nel 2006 aveva trasformato Miami Vice in un film, con Colin Farrell e Jamie Foxx nei ruoli di Sonny e Rico una volta appartenuti a Don Johnson e Philip Michael Thomas, e con uno stile visivo e narrativo completamente diverso, più realistico e cupo, ambientando quasi tutta in notturni una vicenda lontana dalle spiagge assolate e modaiole della serie. Quest’anno, invece, Mann è tornato a firmare un progetto televisivo che, volutamente, già fin dal nome, vuole richiamare la sua leggendaria carriera: Tokyo Vice, negli Stati Uniti in onda su HBO e da noi distribuito, con un episodio a settimana, sulla piattaforma Paramount+.

La serie, come è evidente dal nome, è ambientata a Tokyo ed è ispirata a un memoir del giornalista Jake Adelstein, interpretato nello show da Ansel Elgort (il protagonista della versione di Steven Spielberg di West Side Story, ma anche di Baby Driver di Edgar Wright e, prima ancora, del successo young adult Colpa delle stelle). Deciso a diventare il primo occidentale a essere assunto da un grande giornale giapponese, Jake studia la lingua e l’ambiente della Capitale, e intanto inizia a collaborare con il detective della buoncostume Hiroto Katagiri (impersonato da Ken Watanabe, attore giapponese con grande carriera hollywoodiana, da Inception a Lettere da Iwo Jima).

Tra i due s’instaura una sorta di rapporto padre-figlio, mentre cercano di braccare un potente gangster della yakuza. Di Tokyo Vice , creato e scritto dal drammaturgo premiato con il Tony Award J.T. Rogers, Michael Mann è accreditato come produttore esecutivo, e ha diretto formalmente solo il pilot – un pilot assolutamente da vedere, però, sia per chi ama il cinema del regista, sia per chi è appassionato di storie criminali ben raccontate e immerse nell’atmosfera inconfondibile e nelle luci al neon di una metropoli unica.

  • Autore articolo
    Alice Cucchetti
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    Gran Bretagna e Germania, i grandi malati d'Europa. Il primo ministro britannico Starmer e il cancelliere tedesco Merz sono entrambi proiettati in una rincorsa della destra estrema. Il laburista britannico Starmer, due settimane fa: «restauriamo ordine e controllo», titolo di un documento presentato alla Camera dei Comuni. Il democristiano tedesco Merz: ci vogliono «controlli ai confini e respingimenti» perchè «l’immigrazione ha un impatto sul paesaggio urbano». Proprio così. Germania e Gran Bretagna, due potenze economiche mondiali: la Germania (80 milioni di abitanti) con il terzo pil del mondo (dopo Stati Uniti e Cina); il Regno Unito (con 60 milioni di abitanti) con il sesto pil mondiale (dopo la Germania c’è il Giappone e l’India e poi il Regno Unito). La “malattia” (la rincorsa ad essere a volte più a destra delle destre) rischia di cambiare i connotati a tradizioni politiche europee centenarie: come il laburismo britannico, il popolarismo democristiano tedesco insieme alla socialdemocrazia, sempre in Germania. Pesa, inoltre, un discorso pubblico sempre più contaminato da un lessico guerresco. Che danni può provocare questa “malattia” in due paesi fondamentali del continente europeo? Pubblica ha ospitato la storica Marzia Maccaferri (Queen Mary, University of London) e il giornalista Michael Braun (corrispondente da Roma del berlinese Tageszeitung).

    Pubblica - 03-12-2025

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    Politici, industriali e finanzieri sono concordi nel sostenere la strada del riarmo e della militarizzazione europea: per i finanzieri si tratta di far fruttare i propri fondi rapidamente e in maniera sicura, per gli industriali idem, con fortissime iniezioni di denaro pubblico, non a caso anche quest’anno hanno fatto il record di vendite come registra il Sipri di Stoccolma il più autorevole istituto di ricerca sulla spesa militare nel mondo. Il problema, spiega Francesco Vignarca, portavoce della Rete Pace Disarmo, ricercatore e analista (tra i curatori del libro Europa a mano armata curato con Sbilanciamoci) è che così vince il discorso di guerra. Banalizzante, propagandistico e pericoloso perché sequestra la democrazia: “Il complesso militare industriale ha un pensiero medio lungo strategico. Stanno già intervenendo per togliere le leggi sulla limitazione alla vendita di armi, perché sanno che dovranno vendere questa sovraproduzione da qualche parte, così come fanno entrare capitali esteri nella nostra industria, come i sauditi in Leonardo, perché non siamo noi gli acquirenti di queste armi”. Ascolta l'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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    A cura di Diana Santini

    A come Atlante – Geopolitica e materie prime - 03-12-2025

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    Sguardi, opinioni, vite, dialoghi al microfono. Condotta da Massimo Bacchetta, in redazione Luisa Nannipieri.

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    L’inquietudine della provincia nel film “Ferine”, in concorso al Noir in Festival

    Trattandosi di un film horror si può raccontare poco. Ferine di Andrea Corsini si sviluppa intorno ad Irene, una donna che desidera una figlia ma nello stesso tempo è costretta a difendersi da chi la ostacola. In seguito a un incidente, la donna va in cerca di sangue per sopravvivere. Il tutto si svolge in un paesaggio vuoto e deprimente: “Cercavo una provincia in cui si respirasse solitudine e isolamento, come la villa di architettura brutalista e il centro commerciale esternamente vuoto. Il cemento da una parte e dall’altra le zone boschive, in cui si scatena l’aspetto selvaggio della storia”. Spiega Corsini, che nel film ha ricreato delle atmosfere che ogni tanto ricordano David Lynch, accompagnate dalla musica di Pino Donaggio: “È sempre stato il mio sogno, ma non avrei mai pensato di riuscirci. Non ho dovuto dirgli quasi niente per arrivare a questo risultato”. Un film prevalentemente femminile, con attrici internazionali che recitano in inglese e in cui gli uomini hanno soltanto parti in secondo piano. L'intervista di Barbara Sorrentini ad Andrea Corsini.

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    Paolo Bergamaschi, già Consigliere Politico Commissione Esteri Parlamento Europeo, analizza lo scontro Europa-Russia, tra minacce e timidi segnali di dialogo. Francesco Vignarca, ricercatore e analista della Rete Pace e Disarmo, racconta l'impatto del piano di riarmo sulla politica dell'Unione, trainato dall'industria e soprattutto dalla finanza. Le mobilitazioni dei lavoratori dell'Ilva non si fermeranno finché i patti non saranno rispettati, perché nessuno comprerà gli stabilimenti se non ci saranno prima degli interventi, come ci spiega Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia della Fiom-Cgil. Giulia Riva giornalista e nostra collaboratrice racconta la giornata internazionale delle persone con disabilità a partire dai dati sul lavoro dove le donne con disabilità sono ancora più penalizzate degli uomini (mentre in Lombardia le aziende preferiscono pagare 82 milioni di multe che assumere persone dalle categorie protette) e poi da atleta paralimpica lancia una sfida alla città di Milano che il lascito delle Olimpiadi invernali in partenza a febbraio sia almeno concretamente utile.

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