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La Nato interverrà nel Mar Egeo

La Nato verrà coinvolta sulla questione migranti: ormai è certo. Lo ha confermato il segretario generale della Nato Jens Stoltemberg che, parlando della riunione a Bruxelles dei ministri della difesa dell’Alleanza, ha detto testualmente: “Discuteremo di come la Nato possa sostenere gli alleati nel rispondere alla crisi dei rifugiati e dei migranti che vediamo in Europa e vicino all’Europa, in Medio Oriente, Siria e Turchia. Lo faremo sulla base di un’iniziativa presa dalla Turchia”.

Stoltenberg non ha anticipato quali potranno essere le decisioni dell’Alleanza sulla materia: “Penso – ha detto – sia troppo presto per trarre delle conclusioni, dobbiamo discuterne. Ma tutti comprendiamo la preoccupazione e riteniamo sia una grande sfida per l’Europa. Avremo una discussione tra i 28 alleati più avanti anche per stabilire se si tratterà di operazioni di marina o aeree“.

Parole che lasciano capire che per ora non si andrà molto avanti. Dalla riunione di Bruxelles uscirà solo una formalizzazione generica dell’impegno Nato e solo più avanti si scenderà nei dettagli.

Vale la pena dunque, per ora, considerare cosa significa un coinvolgimento della Nato che, come noto, è un’alleanza militare nata per fronteggiare la “minaccia sovietica”, ma che anche oggi finisce per sollevare una serie di problematiche con la Russia di Putin, per esempio in Ucraina.

Sulla questione migranti, e in particolare nel Mar Egeo, coinvolgere la Nato significa avvicinare ulteriormente la Nato al conflitto siriano. I profughi in quella porzione di mare scappano soprattutto dalle bombe su Damasco. Al di là del fatto che la Nato verrà coinvolta nel “fermare” i migranti, o nel “combattere gli scafisti”, la crisi che “produce” migranti in quella regione è quella siriana. Risolvere il conflitto significherebbe fermare il flusso, ciò che i Paesi richiedenti l’intervento (vedi soprattutto la Turchia, appoggiata dalla Germania) vogliono.

Come è facile dedurre, l’intervento della Nato nella crisi migranti nel Mar Egeo non è un intervento neutro ma un intervento che non mancherà di irritare la Russia di Putin accusata di essere responsabile della fuga di decine di migliaia di civili per i bombardamenti in Siria.

Come si può vedere una crisi umanitaria finisce per sfociare in una crisi politica e militare. E i civili in fuga diventano solo una sorta di variabile del conflitto siriano. O, se vogliamo, un’arma in mano ad una delle parti del conflitto.

  • Autore articolo
    Raffaele Masto
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    Un anno di Trump (dopo i primi quattro dal 2016). Il 6 novembre 2024 il tycoon veniva rieletto alla Casa Bianca con una maggioranza risicata, poco più di 2 milioni di voti su 156 milioni di schede votate. In un anno Trump ha trasformato il declino di una superpotenza - gli Stati Uniti degli ultimi anni - in una forza aggressiva contro paesi e principi che erano stati amici dal dopoguerra ad oggi. Trump e il tramonto della relazione privilegiata americana con l’Europa; Trump e il tramonto delle garanzie democratiche dello stato di diritto. Nel primo anniversario del ritorno di Trump alla Casa Bianca è arrivata l’elezione del sindaco di New York Zohran Mamdani. Ecco un passaggio del suo discorso della vittoria: «la saggezza convenzionale direbbe che sono ben lontano dall’essere il candidato perfetto. Sono giovane, nonostante i miei sforzi per invecchiare. Sono musulmano. Sono un socialista democratico. E, cosa ancora più grave, mi rifiuto di chiedere scusa per tutto questo». Pubblica ha ospitato Ida Dominijanni, giornalista e saggista, fa parte del direttivo del Centro per la Riforma dello Stato. Ha insegnato filosofia politica e teoria femminista all’università di Roma Tre ed è stata ricercatrice alla Cornell University (NY).

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    A Belèm in Brasile lunedì si apre la Cop30 per il clima per cercare di tenere insieme la lotta al riscaldamento globale sotto i colpi del negazionismo di Trump e delle guerre; insieme alla Cop nella città amazzonica si riuniscono migliaia di rappresentanti di movimenti e organizzazioni sociali per elaborare proposte sulla crisi climatica, a partire da quelle relative all'Amazzonia e ai popoli che la abitano. Si chiama Cupola dos Povos ovvero "cupola dei Popoli", e non è la prima volta che si riunisce anzi, è una tradizione. Come ci racconta una delle leader del movimento indigeno brasiliano Sila Mesquita Apurina intervistata da Sara Milanese.

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    Gaza, l’Onu chiede cibo e tende per l’inverno, ma Israele continua a demolire edifici con raid aerei

    Gaza, l’Onu chiede cibo e tende per l’inverno, ma Israele continua a demolire edifici con raid aerei “A Gaza mancano cibo e rifugi, bisogna aprire il valico di Rafah”: è l’ennesimo appello che l’Onu rivolge a Israele. A quasi un mese dall’entrata in vigore del cessate il fuoco, nella Striscia entra ancora solo una minima parte degli aiuti previsti; le agenzie umanitarie denunciano che Israele impedisce l’ingresso anche a tende, coperte e rifugi. I palestinesi della Striscia, in gran parte sfollati, non sono in condizione di affrontare la stagione fredda che si avvicina. L’esercito però, in violazione del cessate il fuoco, continua l’opera di demolizione degli edifici: dall’alba sono in corso raid aerei sui quartieri orientali di Gaza City. A livello diplomatico intanto gli Stati Uniti, intanto, portano avanti il loro piano per Gaza presso il consiglio di sicurezza dell’Onu: nelle scorse ore la risoluzione che autorizza la Forza internazionale di stabilizzazione è stata presentata anche ai paesi arabi coinvolti nel processo di mediazione tra Hamas e Israele. Da Deir al Balah, la testimonianza di Nicolò Parrino, responsabile logistica di Emergency a Gaza, intervistato da Chawki Senouci.

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    Monica Frassoni, presidente della Alleanza europea del risparmio energetico, commenta l’accordo raggiunto a Bruxelles per gli obiettivi climatici 2040 (90% riduzione delle emissioni ma con 5% di "sconto" ovvero di crediti di carbonio che si possono spendere in progetti di riforestazione in giro per il mondo). Sara Milanese presenta l'incontro dei presidenti a Belém in Brasile come prologo della Cop30 per il clima che inizia lunedì nella citta amazzonica e ci fa ascoltare Sila Mesquita Apurina una delle leader dell'Alleanza delle comunità indigene che organizza la "cupola dei Popoli, l'incontro che da 30 anni porta avanti le istanze dal basso delle società civili, indigene e non. Caterina Pozzi, presidente del CNCA (Coordinamento Nazionale Comunità Accoglienti) ci racconta della contro-conferenza su droghe e dipendenze mentre apre domani quella del governo che rivendicherà l'approccio punitivo e proibizionista. Infine, Alessandro Diegoli rilancia al staffetta 50e50 non solo in Lombardia ma in tutto il mondo.

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