
La sentenza della Corte Suprema è importante per due ragioni. La prima, riguarda la cittadinanza. La seconda, i poteri del presidente. Sulla base del quattordicesimo emendamento, la cittadinanza era garantita a chiunque nascesse sul suolo statunitense. Con un ordine esecutivo, firmato il primo giorno del suo secondo mandato, Trump ha limitato il diritto di cittadinanza, che non può, a suo giudizio, essere garantita a chi nasce sul suolo degli Stati Uniti da genitori senza status legale. La decisione era stata immediatamente impugnata da ventidue Stati a guida democratica. La sentenza della Corte non decide della costituzionalità della scelta di Trump. Si pronuncia invece sul diritto di un giudice federale di emettere un’ingiunzione che valga su tutto il territorio nazionale. Questo è un tema giuridico antico, negli Stati Uniti, che ora i giudici risolvono a favore dell’esecutivo, quindi di Donald Trump. Un giudice federale non può bloccare una decisione del presidente. Solo una class action, quindi un’azione legale collettiva, può portare a una ingiunzione che valga su tutto il territorio nazionale. Veniamo quindi agli effetti della sentenza. La costituzionalità o meno dell’ordine di Trump sulla cittadinanza resta sospesa. E’ possibile Stati che hanno contestato in tribunale l’ordine di Trump, si continuerà per il momento a garantire lo ius soli. Nei 28 Stati che hanno accolto positivamente l’ordine di Trump, non ci sarà più lo ius soli. Immaginiamo i problemi che questo potrà comportare. Se si nasce in California, si è cittadini. Se si nasce in Florida, non lo si è. E poi c’è il tema più generale. La sentenza limita il potere delle corti di bloccare gli ordini della Casa Bianca, e questò darà a Trump un potere ancora più vasto. Di qui, l’esultanza del presidente e dei repubblicani. La sentenza è passata con il voto dei 6 giudici conservatori, quello contrario delle tre liberal. La Corte Suprema sta spingendo gli Stati Uniti su una deriva autoritaria sempre più minacciosa, sempre più preoccupante.