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Jewish Power, dal bando per razzismo ai seggi nella Knesset

jewish power ben-gvir ANSA

“Ho un sogno”, ha detto Itamar Ben-Gvir salendo sul palco dopo il sorprendente risultato ottenuto dal suo partito, Jewish Power, alle elezioni in Israele di martedì. “Sogno che i soldati israeliani potranno vivere in una nazione che li protegge. Sogno un governo di destra che rafforzi l’identità ebraica di questo Paese”.

La citazione di Martin Luther King fa venire i brividi se si pensa che a pronunciarla è un uomo che, fino allo scorso anno, aveva nel suo salotto la foto di Baruch Goldstein, il criminale israelo-statunitense che nel 1994 uccise 29 palestinesi e ne ferì altri 125 mentre stavano pregando, in quello che passò alla storia come il massacro di Hebron. E fa ancora più impressione se si pensa che quello stesso uomo, è un politico israeliano, a capo di un partito razzista, xenofobo e omofobo che, insieme ad altri partiti del genere riuniti sotto il cappello del partito dei Religiosi Sionisti, è riuscito a ottenere sufficienti voti per sedere nel parlamento israeliano con almeno 6 seggi. E la possibilità che entrino nella coalizione di governo è tutt’altro che remota.

Il partito di Ben-Gvir fonda la sua ideologia sull’eredità di Meir Kahane, il rabbino statunitense e naturalizzato israeliano che sedette al parlamento nel 1984, prima che il suo partito venisse bandito perché troppo razzista, e che si fece portavoce e acceso sostenitore di una teocrazia ebraica e dell’espulsione dal Paese di tutti i palestinesi dei territori occupati e degli arabi che vivevano in Israele. Ben – Gvir ha detto che il suo partito non è una continuazione di quello di Kahane, che però ha detto di considerare “Un santo”. Solo nel 2007 il leader di Jewish Power fu accusato di incitamento al razzismo dopo aver manifestato mostrando cartelli con la scritta: “Espellere il nemico arabo” e ora siede in parlamento. L’American Israel Public Affairs Committee, la più influente lobby pro-Israele degli Stati Uniti, ha definito il suo partito “razzista e riprovevole”.

L’alleanza di cui il partito di Ben Gvir fa parte e con cui ha ottenuto i sei seggi in parlamento, il partito dei Religiosi Sionisti, è guidata da Bezalel Smotrich, un politico che, per dirne una, aveva suggerito che gli ospedali si dotassero di reparti separati, per far si che le donne israeliane non dovessero partorire accanto alle donne palestinesi.

Come è facilmente intuibile, i Religiosi Sionisti hanno categoricamente escluso di entrare a far parte di un governo in cui figurano anche degli arabi, come accadrebbe se Netanhyau decidesse di allearsi con il Partito arabo Raam di Monsour Abbas, che potrebbe rappresentare l’ago della bilancia per la ricerca della maggioranza del premier israeliano. L’intero blocco della destra, che non vede di buon occhio la presenza di un partito arabo, potrebbe allinearsi a questa visione, formando il governo più razzista e conservatore della storia israeliana.

Sul giornale israeliano Haaretz, il giornalista Gideon Levy ha scritto che scandalizzarsi ora per la vittoria di Jewish Power e dei Sionisti Religiosi è una reazione ipocrita e ritardataria. È più facile, infatti, concentrarsi sulla figura di Ben Gvir, piuttosto che rendersi conto che partiti e persone al governo da anni, pensano esattamente le stesse cose. La presenza dei Religiosi Sionisti nel parlamento israeliano, da questo punto di vista, non è necessariamente una cattiva notizia, perché potrebbe finalmente palesare delle intenzioni che fino ad ora sono rimaste nascoste sotto il velo dell’ambiguità e renderle visibili nella loro forma più cruda e crudele e quindi, forse, fare risvegliare la sinistra israeliana.

  • Autore articolo
    Martina Stefanoni
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    In un documentario la Milano di ieri e di oggi nei ricordi di Aldo, Giovanni & Giacomo

    “Ho sempre pensato che quella di Aldo, Giovanni e Giacomo fosse una favola. La loro vita artistica, che io ho seguito come assistente alla regia nei film di Massimo Venier, è sempre stata caratterizzata da rifiuti e invece hanno fatto di tutto e con grande successo, grazie alla loro determinazione”. E’ per questo motivo che Sophie Chiarello, già regista di “Il Cerchio”, ha voluto esplorare le vite del trio a partire dalla loro infanzia. “Erano tre ragazzini un po' 'sfigati' – come si autodefiniscono - che per provenienza sociale avevano un destino già scritto”. Sono loro a raccontarsi, a sfogliare le foto dell’infanzia e a percorrere la Milano di una volta, proletaria e in bianco e nero. Un ritratto personale, divertente, con le voci di chi li ha accompagnati in tutti questi anni da Paolo Rossi, Marina Massironi, alla Gialappa’s Band. “Attitudini: nessuna” è stato realizzato in diversi momenti con un percorso frammentato che punteggia la carriera artistica del trio tra cabaret, teatro, cinema e televisione. Ascolta l'intervista di Barbara Sorrentini a Sophie Chiarello, regista di “Attitudini: nessuna”.

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