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Italia chiusa. O quasi

italia chiusa giuseppe conte

Italia chiusa. O quasi. Da giovedì è tutta Italia e non solo la Lombardia che si sveglia con le saracinesche dei negozi abbassate, a parte gli esercizi considerati essenziali, e con i reparti aziendali non indispensabili alla produzione chiusi.

Una mossa radicale del governo, anche se non mancano le critiche di chi pensa che la lista delle eccezioni sia troppo lunga e avrebbe voluto un giro di vite ancora maggiore.

Una mossa radicale decisa per tre ragioni.

La prima, per evitare il balletto che abbiamo visto nel fine settimana: prima una zona rossa solo in alcune aree del Nord e poi, 24 ore dopo, l’estensione del decreto a tutto il Paese. Una scelta che aveva dato l’idea di un governo diviso, indeciso e quindi, in ultima istanza, debole. Cosa che non ci si può assolutamente permettere in questa fase. Quindi, si decida quello che si deve decidere una volta per tutte, è stato il ragionamento.

La seconda, per mettere a tacere il presidente della Lombardia Fontana e il suo partito, la Lega, che per due giorni hanno speculato politicamente sulla serrata. Non che mancassero le ragioni nel chiedere di chiudere il più possibile. Ma la Lega ha cercato di mettere Conte in difficoltà, coi proclami televisivi al posto di una richiesta formale: “Vai avanti tu che a me vien da ridere”. La risposta è stata un decreto che riguarda tutta Italia con cui Conte spera di spiazzare la Lega.

E poi c’è la terza ragione, che rimane la più importante, al di là dei limiti della politica: l’allarme dei medici e degli scienziati per il propagarsi dell’infezione. Non a caso il nuovo commissario Arcuri avrà ampi poteri in materia di produzione e distribuzione delle attrezzature sanitarie che fin qui sono state carenti. Addirittura “potrà impiantare nuovi stabilimenti”. Si deve correre, oppure il sistema sanitario non reggerà l’urto. Anche perché servirà tempo per vedere gli effetti delle restrizioni. Non meno di due settimane, ha detto Conte, ripetendo l’esortazione agli italiani a non uscire di casa se non è strettamente necessario. Appena finito il suo discorso, in diverse città si sono viste le code davanti ai tabaccai, per comprare le sigarette

  • Autore articolo
    Luigi Ambrosio
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    Clip - 27-12-2025

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    L’undicesimo episodio del podcast dell’Alleanza Clima Lavoro, a cura di Massimo Alberti, è dedicato a un tema centrale del dibattito pubblico: la Legge di Bilancio, ovvero lo strumento chiave per orientare la nostra spesa pubblica. Da sempre l’Alleanza Clima Lavoro richiama la necessità di sostenere il percorso di transizione verso un’economia a zero emissioni, integrando politiche climatiche, industriali e del lavoro, e rafforzando al contempo il welfare e la qualità della vita delle persone. La manovra economico-finanziaria del Governo per il 2026 procede, purtroppo, in direzione opposta: è una “manovra pericolosa” che, oltre a non offrire una prospettiva di decarbonizzazione, prevede un aumento delle spese militari cui si accompagnano tagli o mancati investimenti in sanità, istruzione, ambiente e politiche industriali. Nel corso della puntata emergono tutte le criticità di una Legge di Bilancio che rinuncia a svolgere un ruolo di indirizzo strategico per il futuro del Paese. Il confronto tra l’analisi della manovra e le proposte alternative per migliorarla rilancia una domanda di fondo: quale modello di sviluppo intendiamo davvero perseguire?

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