
In visita ufficiale in Estremo Oriente, da Singapore Emmanuel Macron alza i toni nel tentativo di contrastare, ostacolare o anche solo arginare tanto l’offensiva di pulizia etnica dell’esercito israeliano, materialmente in corso nella Striscia di Gaza, quanto il progetto politico del “Grande Israele”, promosso e sbandierato dal governo di estrema destra del premier Netanyahu.
«Se nelle prossime ore o giorni non c’è una risposta all’altezza dell’emergenza umanitaria, l’Unione Europea dovrà attenersi alle proprie regole, cioè constatare il non rispetto dei diritti umani e applicare delle sanzioni», ha avvertito il presidente francese. E anche sul negoziato per l’accordo di associazione tra l’Unione e Israele, per Macron, l’Europa deve indurire la propria posizione per ottenere una risposta umanitaria da parte del governo israeliano.
Così, per l’urgenza e poi la politica. Per il presidente francese, il riconoscimento dello Stato palestinese – certo, a determinate condizioni, lungi dall’essere riunite – è non solamente un dovere morale, ma anche un’esigenza politica. Non solo il presupposto di principio per una soluzione pacifica a due Stati, secondo Macron, ma la vera chiave di volta per un riconoscimento reciproco, anche di Israele e del suo diritto alla sicurezza, da parte degli Stati arabi, come fondamenta di una pace duratura nella regione.
Principale, se non unica, ipotesi politico-diplomatica sul tavolo, alternativa e ad opporsi all’espansionismo nazional-militare di Netanyahu. Ipotesi che Parigi vuole copilotare con l’Arabia Saudita, in vista della conferenza internazionale sulla Palestina che i due Paesi copresiederanno il prossimo 18 giugno alle Nazioni Unite.
La risposta brutale – e che dà la misura dello scontro politico-diplomatico in atto tra Tel Aviv e Parigi – è arrivata dal ministro della Difesa israeliano, Katz, che, annunciando nuove colonie israeliane in Cisgiordania, ha dichiarato: «Macron e i suoi amici riconosceranno uno Stato palestinese sulla carta, che finirà nella spazzatura della storia, mentre noi costruiamo qui un grande Stato ebraico di Israele sul terreno».