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Israele procederà con l’annessione dei nuovi territori palestinesi

Benjamin Netanyahu Donald Trump

Il 1° luglio Israele procederà con l’annessione di nuovi territori palestinesi, così come previsto dal piano sostenuto dagli Stati Uniti, rifiutato dai palestinesi. In questi giorni a Gerico e in tutta la Palestina ci sono state manifestazioni a cui hanno partecipato anche membri dell’UE e dell’ONU per denunciare le violazioni del diritto internazionale di cui Israele sta per macchiarsi con queste nuove annessioni.

Sara Milanese ne ha parlato con Ali Rashid, politico, giornalista e scrittore palestinese. L’intervista a Fino Alle Otto.

Che scenario vede per il 1° luglio?

La decisione è stata presa, la discussione oggi, sia all’interno dell’amministrazione americana che nel governo israeliano, è rispetto alla estensione dei territori che dovranno essere annessi. Il parere di Trump sarà decisivo. È atteso a breve, forse già nelle prossime ore.
Stiamo parlando comunque dell’annessione di quasi il 30% della superficie della Cisgiordania e questa è una netta violazione del diritto internazionale e contraddice gli impegni dello stesso governo israeliano, previsti dall’Accordo di Oslo. Questo significa quindi la morte del processo di pace.

Che l’annessione sia una violazione del diritto internazionale lo denunciano in tanti, forse tardivamente anche a causa della pandemia. Lo ha detto l’Onu, l’Unione Europea, la Lega Araba. Parole cadute nel vuoto.

Spesso avviene così: sono voci, condanne, appelli… senza conseguenze. Israele non ha mai rispettato il diritto internazionale. Ci sono un centinaio di risoluzioni delle Nazioni Unite, del Consiglio di Sicurezza, dell’Assemblea Generale, che Israele non ha mai considerato. Oggi la discussione sta tra Washington e Tel Aviv. E nessuno di loro ha diritto a decidere su un tema che non è di loro competenza: questo è territorio palestinese e il diritto internazionale vieta l’annessione con la forza militare di nuovi territori, e ormai da anni Israele fa quello che vuole.

Cosa possono fare i palestinesi ora?

Sono molto sfiduciati, ma continueranno a resistere come hanno fatto fino ad ora; le mobilitazioni sono già iniziate anche se la stampa dà poco spazio a quello che sta succedendo; però c’è un gran fermento da parte della popolazione palestinese. Secondo me tutto questo sta creando delle difficoltà ai governi mediorientali che avrebbero evitato una situazione di questo tipo; per la questione del diritto internazionale, per la loro personale sensibilità, anche per gli elementi religiosi… la popolazione della regione è molto attenta a quel che accade in Palestina, e i governi filoamericani si trovano in difficoltà.
I palestinesi comunque continueranno a fare la loro parte, portando avanti la loro lotta come hanno fatto in tutti questi anni. Non accetteranno mai il piano proposto dagli Stati uniti su cui si basa il progetto di annessione israeliana. L’accordo di Oslo non permette a nessuna delle parti di prendere decisioni unilaterali sul territorio, ma Israele non ha mai rispettato questo aspetto. Il governo delle destre israeliane oggi è determinato ad annettere questi nuovi territori, e lo fa soprattutto per motivi di carattere elettorale: c’è una crisi dei leader, del consenso.

Che ruolo potrebbero giocare quindi i Paesi della regione?

La Lega Araba ha preso una posizione di netto rifiuto a questo atto; il governo giordano è quello più in difficoltà, ha minacciato di ritirarsi dall’accordo di pace tra Giordania e Israele in caso di annessione dei territori della Valle del Giordano. Una reazione più ordinata e più decisa da parte di alcuni governi arabi della regione potrebbe fare la differenza, almeno sulla posizione dell’amministrazione degli Stati Uniti.
Il governo israeliano non procederà su nuove annessioni senza il consenso degli americani; e Trump dovrebbe parlare tra poco, per dire che tipo di annessione gli Stati Uniti sostengono: solo i territori minori previsti nel piano, e anche qualche ministro israeliano si sta orientando su questa linea, cioè solo le colonie ebraiche in Cisgiordania.

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