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In Messico inizia l’era di Claudia Sheinbaum

Claudia Sheinbaum

Claudia Sheinbaum è una presidenta forte. Fuori dal palazzo presidenziale, lo Zócalo, la piazza principale di Città del Messico, era piena per ascoltarla e ribadire quell’appoggio indiscusso del più del 70% che l’ha portata a essere la prima donna presidenta in 200 anni di Messico come Stato indipendente. E durante il discorso a quella piazza promette: “Non les voi a defraudar”, non vi deluderò. È una presidenta forte a livello internazionale, legittimata soprattutto da quel Sud globale che non ci sta più a giocare al ribasso con le proprie risorse naturali e capitale umano. Dentro il palazzo c’erano tutti quelli che contavano per disegnare un altro orizzonte latinoamericano, dal presidente colombiano Gustavo Petro al brasiliano Lula. È una presidenta che rappresenta un insieme di continuità e cambiamento: la continuità con le politiche del suo predecessore, che ha chiamato Andrés Manuel López Obrador, e il cambiamento, perché scientifica, con un governo di specialisti che promette di trasformare il futuro di un paese in cui è stato privatizzato tutto, dalla sanità alla scuola, fin dagli anni ’80. E lo promette affermando la forza dell’essere donna, in una società in cui le donne non ci stanno più a dover lottare quotidianamente contro un tasso di violenza femminicida fra i più alti del mondo. È una Claudia Sheinbaum è una presidenta di promesse e contraddizioni, 100 promesse per l’esattezza, quelle presentate in un documento durante la campagna elettorale e che ha ribadito come bussola che guiderà il suo mandato: politiche mirate alla sovranità alimentare, vietando l’importazione di mais transgenico, alla delocalizzazione delle aziende, all’aumento sostenuto del salario minimo, all’uso delle energie rinnovabili, ma anche al rafforzamento della militarizzazione del paese.

Per capire le contraddizioni dobbiamo fare tre passi indietro. Il primo passo risale a due settimane fa, quando c’è stata la riforma del potere giudiziario, osteggiata da molti ma fortemente voluta dall’ex presidente AMLO, che ha lasciato a Claudia Sheinbaum un’eredità molto grande e grave in termini di negoziazione con il potere criminale per l’approvazione della riforma. Il braccio destro, Diablo Adam Augusto Lopez, Don Augusto, è sceso a patti con il diavolo entrando in Senato con l’uomo che con il suo voto gli ha garantito la vittoria: il senatore del Partito d’Azione Nazionale dell’opposizione, Miguel Angel Younes Marquez, legato a doppio filo con alcuni gruppi criminali. Il secondo passo risale al 26 di settembre, anniversario della scomparsa dei 43 studenti di Ayotzinapa, in cui padri e madri gridavano: “Mentiroso, ci hai mentito! Promettevi giustizia e sei sceso anche tu a patti con quella parte dell’esercito che era implicata nella scomparsa dei nostri figli”. Il terzo passo è quello di oggi, quando collettivi e organizzazioni femministe hanno risposto alla presidenta: “Noi non dobbiamo solo entrare con te, noi ci siamo sempre state per affermare un’altra giustizia possibile”. Oggi Claudia Sheinbaum è una presidenta forte, che eredita contraddizioni ma che, allo stesso tempo, riesce a ribadire che le sue 100 promesse sono promesse differenti, perché fatte da una madre, una nonna, una scienziata, una donna di fede e, da oggi, una presidenta che non vuole essere declinata mai più al maschile.

 

Emanuela Borzacchiello
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    Redazione
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