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Il racket dei vaccini in Cina

Nel giorno di Bruxelles, l’opinione pubblica cinese sembra in altre faccende affaccendata. Certo, sui social network la solidarietà al Belgio ferito non manca, ma il trauma del giorno, in Cina, è costituito da uno scandalo che ruota intorno a «vaccini problematici» – come scrive eufemisticamente l’agenzia di Stato Xinhua – venduti in tutto il Paese da almeno cinque anni.

Le autorità della provincia dello Shandong hanno infatti pubblicato lo scorso venerdì una lista di vaccini che dal 2011 sono stati distribuiti da nove diverse compagnie farmaceutiche in 24 province e municipalità del Paese e che potrebbero causare disabilità permanenti o morte. Tra i prodotti incriminati, antidoti per poliomielite, rabbia, parotite, encefalite, epatite B e le malattie da meningococco. A capo del racket ci sarebbero state una dottoressa di nome Pang e sua figlia. Secondo le ricostruzioni fatte dai media cinesi, le due donne avrebbero acquistato da diverse fonti grosse quantità di vaccini a partire dal 2010, per poi rivenderle al dettaglio ad agenti illegali o centri di prevenzione locali, senza refrigerarli secondo gli standard prescritti o trasportarli adeguatamente. La polizia racconta che già nel 2009 la dottoressa era stata condannata per il commercio illegale dei vaccini a tre anni di detenzione, convertiti poi in cinque di libertà vigilata.

Xinhua spiega che le autorità di polizia stanno ritirando dal mercato i «vaccini problematici» (per un valore di 570 milioni di yuan, cioè 88 milioni di dollari) e hanno diramato una circolare in cui chiedono la collaborazione di distributori e compagnie farmaceutiche. Non è rara, in Cina, la commercializzazione di medicinali per vie traverse o quanto meno poco controllate. A chi scrive è capitato per esempio di raccogliere la testimonianza di un transessuale che raccontava di come comprasse online il necessario per la propria terapia ormonale. Lo scandalo pone però ancora una volta il problema della sicurezza medica – ma anche alimentare, ambientale e via dicendo – in un contesto di non trasparenza. Le autorità dello Shandong ci hanno pure provato a dare informazioni, ma in tragico ritardo. Hanno reso lo scandalo pubblico solo durante il weekend scorso, ma pare fossero al corrente del racket dallo scorso mese di aprile, riporta la britannica Bbc.

La notizia bomba alimenterebbe i sospetti circa una serie di decessi apparentemente inspiegabili di bambini vaccinati negli ultimi tempi. In una tragica coincidenza – o forse no – le autorità giudiziarie del Guangdong hanno infatti comunicato lunedì di avere avviato un’indagine sulla morte di un bambino di quattro anni, occorsa all’inizio di marzo, dopo che gli erano stati somministrati un vaccino anti-meningococco e uno contro la poliomielite. Le stesse fonti ufficiali hanno sottolineato che il caso non avrebbe nulla a che fare con lo scandalo dello Shandong, ma la Rete cinese si è scatenata e l’argomento sta spopolando su Sina Weibo, all’hashtag «vaccini illegali dello Shandong» (shandong feifa yimiao).

«Se la causa [della morte] è ancora in fase di accertamento, come si può escludere già da ora che non abbia nulla a che fare con i vaccini problematici? Si stanno incastrando con le loro stesse mani», scrive un utente. Dato che la notizia dei vaccini è uscita in contemporanea con gli attacchi di Bruxelles, qualcuno ha cominciato a discutere di come i media ufficiali abbiano preso la palla al balzo per far scomparire lo scandalo dai titoli di testa. Va ricordato che negli ultimi anni la fiducia dei cinesi nel sistema sanitario e della sicurezza alimentare è stato scosso da diversi scandali, in particolare da quello del latte in polvere alla melamina, che nel 2008 provocò la morte di sei bambini e danni alla salute per altri 300mila circa.

Tratto da China Files

  • Autore articolo
    Gabriele Battaglia
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    L’Istat ha pubblicato i report sugli scontri stradali, su base regionale (relativi al 2024) e anche alcuni dati sui primi sei mesi di quest’anno. Ci sono meno feriti e meno vittime sulle strade, anche se i numeri restano ancora drammaticamente elevati. Secondo l’Istituto di Statistica nel primo semestre del 2025 i morti sono stati 1310 (si parla di morti per scontri stradali se il decesso avviene entro 30 giorni dall’evento, quindi sono escluse le persone che muoiono, nonostante la causa siano le conseguenze dello scontro, oltre quel limite temporale) contro i 1406 dello stesso periodo dell’anno precedente. I feriti sono stati 111090, anche in questo caso in calo rispetto al 2024, quando erano stati 112428. Gli obiettivi europei sulla sicurezza stradale prevedono il dimezzamento del numero di vittime e feriti gravi entro il 2030 rispetto all’anno di riferimento, che è il 2019. In Italia al momento registriamo una diminuzione del 4,5% (in Lombardia del 12,6). Bisogna ancora fare molto per riuscire a raggiungere l’obiettivo. Uno degli aspetti fondamentali, oltre la diminuzione della velocità, è l’incremento dell’educazione stradale. Stefano Guarnieri, padre di Lorenzo, morto nel 2010 a causa di un omicidio stradale a Firenze ha fondato l’associazione Lorenzo Guarnieri, che da anni si impegna a portare avanti un discorso di educazione. Alessandro Braga lo ha intervistato nella trasmissione Tutto Scorre.

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    Nubi sull'università italiana: si moltiplicano le adesioni alle università private telematiche, mentre alle statali il governo Meloni taglia i fondi. Ospite l'economista Gianfranco Viesti. E poi, il caso Raiplay Sound, la censura nei confronti di un podcast – prima autorizzato e poi annullato - sulla storia di Margherita Cagol, una delle fondatrici delle Brigate rosse. A Pubblica Nicola Attadio, uno degli autori insieme al giornalista Paolo Morando e al musicista Matteo Portelli.

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