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Il naufragio fantasma in prima serata

Una strage di migranti nascosta e rimasta segreta per quasi cinque anni, fino a quando un pescatore del luogo non ha deciso di parlare. Era il Natale del 1996 quando un barcone carico di cittadini dello Sri Lanka in fuga dalla guerriglia e diretto verso le coste italiane naufragò a poche miglia da Capo Passero, uno dei punti più a sud dell’Italia, vicino al paese di Portopalo, villaggio di pescatori.

Questa terribile storia resa nota dal giornalista di Repubblica Giovanni Maria Bellu, prima con un articolo, poi con il romanzo inchiesta I fantasmi di Portopalo, portata anche in scena da Renato Sarti nello spettacolo teatrale La nave fantasma, ora è una miniserie tv, in onda lunedì 20 e martedi 21 febbraio su Rai Uno in prima serata.

La fiction tv I fantasmi di Portopalo, diretta da Andrea Angelini, è stata scritta e interpretata dall’attore Giuseppe Fiorello che racconta di “aver inseguito per anni questa storia sepolta in fondo al mare e per troppo tempo dimenticata dalle istituzioni e di essersi posto l’obiettivo di farla conoscere al pubblico”.

Fiorello interpreta Saro Ferro, nella realtà Salvo Lupo, il pescatore che ripescò salvandolo un giovane migrante ma poi si associò, seppur controvoglia, ai suoi concittadini nel ributtare in mare tutti gli altri corpi trovati senza vita nelle reti. La fiction, nella prima parte si concentra sulla scoperta e l’occultamento del relitto, mostrando come questa piccola comunità si trovò a reagire con questo peso enorme sulle spalle, scegliendo l’omertà.

Il secondo episodio, cinque anni dopo è dedicato all’incontro tra il pescatore Saro Ferro e il giornalista Giacomo Sanna (Giuseppe Battiston) con l’inchiesta e le ricerche per recuperare le prove a dimostrazione che il naufragio c’è stato.

Giuseppe Fiorello ha spiegato ai microfoni di Radio Popolare che “I fantasmi di Portopalo non è solo un film di impegno civile, ma soprattutto un film che racconta con chiarezza che la società civile è la vera politica di un paese”.

Beppe Fiorello-Portopalo

  • Autore articolo
    Barbara Sorrentini
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    Violenza: riprendersi il potere sulla propria vita

    Nel giorno mondiale contro la violenza sulle donne, raccontiamo con Cristina Carelli, presidente di D.i.Re Donne in Rete contro la violenza, i centri antiviolenza, oltre 110 in Italia con differenze però tra Nord e Sud, con quasi 4mila operatrici in stragrande maggioranza volontarie e quasi 30mila donne “ascoltate” all’anno. “Siamo realtà aperte e sempre presenti, le donne arrivano da noi spesso senza appuntamento e si rivolgono a noi quasi sempre liberamente - spiega Carelli - perché il presupposto del nostro intervento è la libertà di scelta della donna, lo sottolineiamo perché è in corso un tentativo di trasformarci in realtà di servizio e per imporre alle donne dei percorsi standardizzati, più istituzionali e di sistema, e non costruiti per ciascuna partendo dal consenso e dalla libera scelta di ogni donna”. Sottofinanziamento, soluzioni solo punitive, negazione della dimensione politica e culturale della prevenzione, la frontiera è sempre la società. Se sono le famiglie a decidere cosa è giusto o meno per l’educazione sessuale, stiamo riproponendo il problema. “Chiediamo al governo di essere coerente: bisogna lavorare sul fronte della cultura e della prevenzione”. La violenza non è solo un atto individuale, ma è resa possibile da scelte politiche e culturali che limitano la libertà delle donne, scrive Di.Re nella campagna “Tutto nella norma” che potete trovare sul sito: direcontrolaviolenza.it

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    Pubblica si occupa di violenza maschile contro le donne. Oggi è il 25 novembre, giornata internazionale dell’ONU per l’eliminazione della violenza di genere. Con la presidente di UN (United Nations) Women Italy, Darya Majidi. E con Barbara Leda Kenny, antropologa, coordinatrice della Fondazione Brodolini, curatrice del sito Ingenere.it

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