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Il mondo è troppo piccolo per trascurare il dolore degli altri

Uno dei più noti scrittori turchi della nuova genarazione, Hakan Günday, è in Italia per presentare il suo ultimo romanzo Ancòra (ed. Marcos y Marcos).
“Ancòra”, che in turco si dice “daha” è la parola che i migranti senza documenti, che a migliaia, se non a milioni, sono trasitati in Turchia nel corso degli anni, pronunciano continuamente, per chiedere acqua, cibo, speranza.
Ahad è uno dei trafficanti che li trasporta, li rinchiude per mesi in attesa di destinazione, li comanda come un dittatore dispotico e spietato. E affida a suo figlio Gazâ, ancora ragazzino, il compito di sorvegliarli e accudirli, trasmettendogli un insegnamento di ferocia che solo un assassino, a sua volta bambino cresciuto nel terrore e nella violenza, può impartire.
Ma un bel giorno, anzi una notte, dopo un evento traumatico, Gazâ decide che ne ha abbastanza e che è stufo della disperazione degli altri e della sua. Cerca il suo Rinascimento (non a caso il libro è diviso in capitoli contrassegnati dalla definizione di varie tecniche pittoriche rinascimentali), inseguendo un origami, una rana di carta verde, suo unico giocattolo, regalo di un clandestino afghano.
Un viaggio fisico e interiore avvincente, che Hakan Günday ci permette di compiere grazie a una prosa dura, efficace, moderna, che ben resiste anche alle molte traduzioni che lo hanno consacrato alla fama letteraria internazionale.
Hakan Günday è stato ospite a Cult e ha parlato con noi del suo libro e della tragedia dei migranti.

Ascolta l’intervista di Cult ad Hakan Günday

Hakan Günday intervista

  • Autore articolo
    Ira Rubini
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