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Il fallimento dell’Europa

Ankara raddoppia la richiesta a Bruxelles per la gestione dei migranti. Fino ad oggi la Commissione Europea era pronta ad offrire tre miliardi di euro: uno preso dal budget dell’Ue, gli altri due dagli Stati membri. Oggi è il governo turco a stabilire il prezzo per fermare i migranti prima che varchino i confini europei: 6 miliardi di euro (entro il 2018). Troppo? Per l’Italia forse, visto che il premier Matteo Renzi aveva già discusso con il resto della Commissione perché non voleva approvare l’aiuto ad Ankara. Tutti d’accordo, invece, alle altre latitudini europee: dall’Austria al Belgio il coro è unanime. La prerogativa è esaurire la rotta balcanica. “Delocalizzare” fuori dall’Unione la gestione dei migranti è il primo passo per ottemperare a questa strategia. Data la tensione, però, è improbabile che si arrivi ad una soluzione entro sera.

La notizia del “ricatto” turco trapela dai corridoi della Commissione, dove la rappresentanza turca sta giocando su più tavoli con i diplomatici europei. Il dossier più caldo è certamente quello dei migranti, visti anche i numeri. Secondo l’Unhcr, il flusso di richiedenti attraverso i Balcani si sta riducendo con il giro di vite imposto dai Paesi alla fine della rotta. In Grecia dal primo marzo sono stati registrati 8.700 rifugiati, di cui solo 1.500 hanno raggiunto la Macedonia.

Ma questo non è l’unico file aperto per Ankara. Il presidente Ahmed Davutoglu ha detto di voler parlare anche di ingresso della Turchia in Europa. Di nuovo, la gestione dei migranti potrebbe essere il passpartout per Ankara, capace anche di far digerire ai vertici europei la mano pesante che Erdogan utilizza nella gestione del dissenso e della minoranza curda. Non solo: Ankara ha fatto sapere anche di volere una presenza più massiccia della Nato al confine con la Turchia.

Sembra che le lancette siano tornate indietro di quattro mesi, quando l’Europa trattava con i Paesi africani di partenza, al summit sull’immigrazione di La Valletta. Solo che in quel caso le trattative erano unilaterali: 1,8 miliardi di euro per i Paesi che si sarebbero impegnati nella gestione del problema, erogati attraverso l’Africa Trust Fund. Peccato che già all’epoca si fosse capito che l’obiettoivo grosso per l’Europa fosse Ankara: già all’epoca infatti si è cominciato a parlare dei soldi alla Turchia. Ma allora perché aspettare che la situazione tornasse una drammatica emergenza per rimettersi a discutere? Perché i migranti sono solo una moneta di scambio per ottenere altro. Nessuno si pone il problema di risolvere il conflitto in Siria, principale causa dell’esodo verso la Grecia. Lo testimonia come stanno andando i negoziati di pace.

  • Autore articolo
    Lorenzo Bagnoli
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    1) 25 novembre, quando lo stupro è un’arma di guerra. Nel Sudan sconvolto dalla più grave crisi umanitaria al mondo, migliaia di donne e bambini sono vittime di violenza di genere. (Stefano Piziali - Cesvi) 2) Ucraina, mentre i negoziati per un accordo tra Mosca e Kiev continuano, il piano per la pace Statunitense spacca l’amministrazione americana. (Roberto Festa) 3) La peggiore crisi economica mai registrata. L’occupazione israeliana in Cisgiordania e la distruzione e Gaza hanno provocato un crollo senza precedenti nell’economia palestinese, riportando il paese indietro di decenni. (Allegra Pacheco - West Bank Protection Consortium) 4) “A Dankirque non si vive, si sopravvive”. Sulle coste francesi la situazione umanitaria delle persone migranti peggiora giorno dopo giorno e lo stato non si assume le sue responsabilità. (Veronica Gennari) 5)Lo scandalo di pedofilia che ha sconvolto il vescovo di Cadice è un caso senza precedenti nella chiesa spagnola. (Giulia Maria Piantedosi) 6) Rubrica sportiva. Dopo 52 anni, la nazionale di calcio di Haiti si qualifica per i mondiali. Un risultato storico e prezioso per un paese distrutto dalla violenza. (Luca Parena)

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    In Sudan la violenza di genere e lo stupro usato come arma di guerra sono all’ordine del giorno. Nel mezzo della crisi umanitaria più grave del mondo, migliaia di donne e bambini sono vittime di un conflitto che si consuma anche sui loro corpi. La ong italiana Cesvi lavora sul campo per offrire supporto psicologico alle donne e alle loro famiglie. Martina Stefanoni ne ha parlato con Stefano Piziali, direttore generale di Cesvi

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Le iniziative del 25 novembre e DonneXstrada che di violenza di genere, parla tutto l'anno. Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa o raccontare una storia? Scrivi a vieniconme@radiopopolare.it o chiama in diretta allo 02 33 001 001 Dal lunedi al venerdì, dalle 16.00 alle 17.00 Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni La sigla di Vieni con Me è "Caosmosi" di Addict Ameba

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    Le comedians contro la violenza sulle donne al Teatro Lirico di Milano

    Oggi a Cult Mary Sarnataro ci ha parlato di “Zitte mai!”, la serata speciale in scena al teatro Lirico di Milano, che un gruppo di comedians, capitanate da Deborah Villa, dedica all'associazione Cerchi nell'Acqua, che da anni è vicina alle donne vittime di violenza. A partire dalla libertà di esprimersi, la prima che viene a mancare quando una relazione diventa prevaricante, l'appuntamento sarà l'occasione per riflettere sulla violenza sulle donne, usando lo strumento della comicità. L’intervista di Ira Rubini.

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