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Il disastro nel settore degli alberghi di montagna. Intervista a Graziano Pennacchio di Federalberghi

alberghi montagna

Graziano Pennacchio, vicepresidente di Federalberghi Brescia e della Val Camonica, commenta a Radio Popolare lo stato del settore alberghiero di montagna, fermo ormai da marzo. Ad oggi, e anche durante il periodo delle vacanze di Natale, il 90% degli alberghi di montagna della Lombardia sono chiusi.

L’intervista di Lorenza Ghidini e Roberto Maggioni a Prisma.

Tante deroghe a questo Decreto Natale, si fa un po’ di confusione. La state avvertendo anche voi?

Sì, questa confusione ha purtroppo avuto la conseguenza di non aprire nessun albergo. Gli alberghi possono stare aperti. Anche durante il lockdown di primavera agli alberghi non è stata imposta alcuna chiusura. però purtroppo non può circolare nessuno. È da capire se è una furbata del Ministero lasciarci aperti per non darci ristori. La conseguenza è che in tutte le montagne del Nord Italia la stragrande maggioranza degli alberghi sono chiusi, soprattutto quelle strutture che hanno bisogno di personale e di una certa organizzazione. Se la Lombardia fosse rimasta zona gialla avremmo avuto sicuramente una grande chance per poter lavorare, soprattutto nella Regione. Un po’ di turismo in queste feste avrebbe potuto esserci, magari non avrebbe raggiunto i numeri degli scorsi anni ma perlomeno un 50% di fatturato l’avremmo fatto, avremmo creato economia e avremmo dato lavoro a tutta quella categoria di dipendenti che sono delle strutture alberghiere, tutti stagionali. Una categoria che quindi purtroppo non può rientrare nella cassa integrazione o altre agevolazioni. L’unica che hanno avuto quest’anno è un bonus di 1.000 euro.

Si può andare dai propri amici in tutta la Regione, ma non si può andare direttamente negli alberghi. Ci si può andare solo se si è già in giro e ha bisogno di dormire in un albergo che trova aperto.

L’albergatore non deve chiedere al cliente per che motivazione viaggia, per cui uno può anche arrivarci però ovviamente deve potersi muovere in base a tutti i DPCM che ci sono in essere. In Lombardia da domani in poi è tutta zona rossa, per cui uno non può uscire dal proprio comune. Può raggiungere la seconda casa però poi si innesca uno di quei meccanismi che non finiscono mai più, perché tanti raggiungono sicuramente la seconda casa che magari non è intestata a loro ma alla nonna. Per andare in albergo, uno va in vacanza e l’andare in vacanza non è previsto, né nelle zone rosse né tantomeno in quelle arancioni. Anche per i B&B è la stessa cosa, parliamo di tutto il ricettivo, e quindi anche di quelli che sono gli appartamenti dei residence. Anche quelli che lavorano a turno settimanale rimangono in stragrande maggioranza chiusi. Bisogna considerare che nel momento in cui si è venuti in albergo, appartamento o seconda casa, e si è in zona rossa, bisogna rimanere nelle vicinanze di casa. Non credo che tutti siano in grado di mettere la tutina da fondo e dimostrare che la passeggiata che fanno sulla pista ciclopedonale possa essere attività sportiva. Ci sono troppe incognite e rischi. Tutta questa situazione ha generato paura, panico e insicurezza, e credo che la stragrande maggioranza dei lombardi abbiano preferito optare per stare a casa, e questa è la conseguenza. Il mondo del turismo, nel suo contesto generale, non vuole anteporre l’economia alla salute, tutt’altro. Noi siamo sereni e accettiamo con molta tranquillità il fatto di tenere le nostre strutture chiuse. L’unica cosa che chiediamo al Governo è che non faccia il furbo, ma che ci dica se ci daranno dei ristori, che tipo ci darà, che non dia ristori sulle scorte del fatturato del mese di aprile. Il mese di aprile è uno dei mesi con minor fatturato. Nel 2019, con la Pasqua alta, tantissime strutture alberghiere, prevalentemente montane, hanno chiuso alla fine di marzo e per cui nelle mese di aprile hanno zero fatturato. Queste strutture per tutto il 2020 hanno preso zero ristori. Il problema sostanziale non sta solo nelle vacanze di Natale, perché nonostante siano un buon 40% del nostro fatturato non sono comunque la totalità. Il grosso problema sta nel fatto che moltissime strutture non apriranno tutto l’inverno, e quelle poche che lo faranno saranno in grossa difficoltà. La situazione è drammatica, ma non perché il problema è Italia, il problema sta in tutta Europa. Le situazioni negli altri paesi non sono rosee. Durante le feste di Natale e Capodanno, se parliamo della montagna, i flussi sono prevalentemente italiani, ma dal 6 gennaio in poi sono perlopiù stranieri. Gli italiani viaggeranno durante la settimana di Carnevale ma dal lunedì al venerdì ormai, nelle famiglie dove ci sono bambini, è finito il mondo in cui si tenevano a casa i ragazzi per andare a fare la settimana bianca. Il turismo italiano, dopo il 6 gennaio, è prevalentemente un turismo da weekend. Una struttura alberghiera, che ha anche solo 8/10 dipendenti, non può stare in piedi solo col weekend. Abbiamo di fronte un altro periodo di molta incertezza. Gli alberghi in montagna hanno perso un mese e mezzo di stagione. Quest’anno abbiamo avuto un ottimo agosto, il luglio è stato un po’ scorso ma le cose sono un po’ cambiate rispetto a qualche anno fa. Anche nella stagione prossima, gli albergatori di montagna prenderanno una mazzata sui denti.

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    Biometano fatto bene e transizione agroecologica per ridurre le emissioni climalteranti degli allevamenti. Legambiente e una parte del mondo degli agricoltori sta affrontando questo aspetto dell’inquinamento dell’aria della Pianura Padana. Il metano è molto più impattante sull’effetto serra dell’anidride carbonica, ottantaquattro volte in più. Se ne è discusso in un convegno alla Cascina Nascosta del Parco Sempione di Milano tra esperti scientifici, esperienze agricole e industriali, in Lombardia e Veneto, di recupero del metano dagli allevamenti. Uno dei focus è l’attenzione alle emissioni fuggitive, quelle nel ciclo del recupero primo e dopo lo stoccaggio nei reattori. Nell’Abc dei Domini Collettivi la professoressa Marta Villa dell’Università di Trento affronta Heimat, il legame con i territori di vita che accumuna gli usi civici di questi luoghi, da lasciare migliori per le generazioni future. Per Le Storie Agroalimentari Paolo Ambrosoni recensisce il libro Storie di Mozzarelle di Germano Mucchetti, un testo sulla diversità delle paste filate più famose, e i territori di produzione. Descriviamo la riscoperta e valorizzazione di grani locali e tradizionali dell’Appennino romagnolo, ma anche del Parco del Ticino milanese, nonché di antichi forni, del fattore alla Cascina Caremma di Besate, di comunità nel borgo di Morimondo e dell’adiacente Abbazia cistercense. Per gli autori fuori porta, geografie e storia dei paesaggi lombardi del Teatro Franco Parenti con la Fondazione Pierlombardo, in collaborazione con la Regione Lombardia, c’è la descrizione dell’agricoltore filologo Niccolò Reverdini dell’arazzo dedicato ai lavori in campagna di giugno, disegnato dal Bramantino ed esposto al Castello Sforzesco di Milano.

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