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“Il capanno di Ash”, il graphic novel di Jen Wang

"Il capanno di Ash", il graphic novel di Jen Wang

Il protagonista del romanzo a fumetti di cui parliamo oggi ha quasi sedici anni e da pochi mesi ha un nuovo nome, Ash, che lo fa sentire più sé stesso. Lo racconta sin dalle prime pagine di quello che inizia come un diario personale, in cui descrive il suo senso di alienazione quotidiana. Gli adulti ignorano la crisi climatica, a scuola la burocrazia gli mette i bastoni tra le ruote quando cerca di cambiare le cose, gli altri ragazzini sembrano vivere su di un altro pianeta fatto di pop star e divertimento e persino la sua famiglia sembra fare solo finta di ascoltarlo. Per loro, il nuovo nome è solo il sintomo di una fase che passerà con l’arrivo del primo ragazzo. E il nonno, l’unico che forse lo capiva davvero, figlio di contadini cinesi a sua volta contadino californiano, ormai non c’è più. Di lui non resta che un ranch tra le foreste del nord della California e un fantomatico capanno disperso nei boschi di un parco nazionale di cui parlava sempre, ma che nessuno ha mai visto.
Se le cose stanno così, pensa Ash, degli altri esseri umani se ne può anche fare a meno. Meglio prendere la via dei boschi con il suo cane Chase e iniziare una nuova vita, magari proprio nella baita segreta costruita dal nonno.
Ma fare della natura selvaggia la propria casa non è facile. E nemmeno lo è sopravvivere da soli, come Ash scoprirà molto rapidamente. Leggendo questo libro viene subito in mente Into The Wild e il tragico viaggio di Christopher McCandless verso l’Alaska. Le immense foreste statunitensi, con i loro orsi e i loro lupi, sono anche qui delle grandi protagoniste perché l’autrice, Jen Wang, disegna dei bellissimi scorci naturali che immergono il lettore nell’entroterra californiano. Le pagine dedicate alla botanica sono dettagliate, delicate e affascinanti, ma vedendole è impossibile non temere che Ash faccia lo stesso fatale errore di Alex Supertramp. Persino l’uso stilistico del diario come filo conduttore del racconto rimanda al libro di Krakauer. Le similitudini però si fermano qui. Intanto ci sono i colori, che se in Into The Wild tendevano al verde scuro, al blu e al bianco dell’inverno, qui sono più aranciati e violetti, più estivi e più californiani. Poi perché Ash, che come McCandless prepara meticolosamente il viaggio e studia tecniche di caccia e sopravvivenza per poi scontrarsi con la realtà e la mancanza di pratica, nella solitudine scopre e rivaluta il senso delle relazioni umane. Una viaggiatrice cacciatrice lo salva una prima volta dalla fame. L’amore per e del suo cane Chase lo proteggono dall’attacco di un orso e dall’arrivo delle fiamme, che bruciano l’immensa foresta come un cerino, tingendo per giorni il cielo di arancione. Alla fine, come dice Ash stesso, anche lontano dalla civiltà: “Tutto ciò che facevo e che avevo attorno era influenzato dalle persone, in qualche modo. Sfortunatamente per me, le persone sono natura.”
Con una narrazione essenziale e poetica che riesce a mostrare il peso delle piccole cose e sfrutta la potenza dei silenzi, un ritmo che sa rallentare per invitare alla riflessione e alla contemplazione, il libro di Jen Wang affronta i temi dell’autosufficienza, della scelta di vivere e della ricerca del proprio posto nel mondo. Lasciando molte domande senza risposta ma invitando i lettori a continuare a guardare positivamente al futuro. Dopo tutto, anche in una foresta carbonizzata possono germogliare nuovi semi.

  • Autore articolo
    Luisa Nannipieri
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