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I talebani conquistano Lashkar Gah. Il racconto di Leila Borsa dall’ospedale di Emergency

ospedale Emergency Lashkar Gah ANSA

Almeno tre persone sono rimaste ferite dall’esplosione di una bomba piazzata lungo una strada vicino al Ministero dei Martiri e dei Disabili a Kabul. Anche l’autobomba che martedì sera è esplosa contro la residenza del Ministro della Difesa afghano (per la quale sono morte 8 persone) è stata rivendicata dai talebani. Questi attacchi sono tra i peggiori degli ultimi mesi nella capitale afghana e arrivano proprio dopo che l’esercito afghano ha risposto agli attacchi dei talebani nella città di Lashkar Gah, che è ormai stata conquistata quasi totalmente e dove i combattimenti da settimane sono molto violenti.

Ai microfoni di Radio Popolare Martina Stefanoni ha intervistato Leila Borsa, infermiera nell’ospedale di Emergency di Lashkar Gah, che ci ha raccontato la situazione nella città.

So che ti trovi nell’ospedale di Emergency di Lashkar Gah. Com’è la situazione? Cosa sta succedendo in questi giorni?

Sono qui da febbraio. Posso dirti che negli ultimi due mesi e nello specifico negli ultimi 5-6 giorni c’è stato un incremento importante dei combattimenti intorno e dentro la città. In questo momento siamo bloccati in ospedale e stiamo assistendo a un aumento dei bombardamenti, degli spari, degli elicotteri che passano e dei cecchini che sparano nei dintorni dell’ospedale. Vediamo un aumento importante dei pazienti che arrivano. Tutti feriti da proiettili, mine o schegge che arrivano da esplosioni di ordigni più o meno artigianali. Negli ultimi 5 o 6 giorni abbiamo dovuto cambiare completamente i criteri di ammissione, perché ci possiamo permettere di accogliere solo pazienti che sono in pericolo di vita e che necessitano di chirurgia maggiore come laparotomie o craniotomie. Abbiamo dovuto trasferire in altri ospedali tutti quei pazienti che necessitano di chirurgia minore.

Da un punto di vista umanitario cosa notate?

I nostri colleghi nazionali sono molto preoccupati. Tanti di loro sono rimasti da soli a casa, hanno mandato le famiglie in zone più tranquille dove in questo momento non si combatte. Molti hanno dovuto evacuare le proprie case e altri le hanno perse a causa dei bombardamenti. Al momento non hanno più nulla.Molti membri dello staff locale dormono e vivono in ospedale da diversi giorni. Non hanno possibilità di tornare. Non è sicuro muoversi per loro. L’umore è molto basso, sono molto preoccupati e hanno ragione di esserlo.
Nonostante tutto mantengono un livello lavorativo molto alto, un impegno notevole e sono estremamente disponibili. Tanti fanno turni da 48 ore senza che ci sia bisogno di chiederlo. Sono tutti fedeli alla causa e sanno che lavorano per la loro gente. Ai nostri colleghi nazionali va riconosciuto che, nonostante vivano una situazione tragica, tengono duro, lavorano instancabilmente e sono sempre collaborativi.

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