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I gioielli rubati dello Sceicco

Probabilmente per la sua entità non sarà il furto del secolo, né sarà necessario scomodare la figura di Arsenio Lupin. Ma certamente quello avvenuto a Palazzo Ducale, a Venezia, è un furto che “fa notizia”. La Sala dello Scrutinio che ospita la mostra “Tesori dei Moghul e dei Maharaja: La Collezione Al Thani” è stata in mattinata sigillata dopo che è scattato l’allarme perché qualcuno ha aperto una teca per rubare due orecchini e forse anche un bracciale.

I visitatori che erano all’interno sono stati trattenuti da polizia e carabinieri, mentre fuori si formava una vistosa coda di turisti che volevano cogliere questi ultimi giorni per vedere questa prestigiosa esposizione destinata a chiudere subito dopo l’Epifania.

A quanto risulta i gioielli presi di mira dal ladro non sarebbero i più preziosi esposti: avrebbero un valore di alcune decine di migliaia di euro, rispetto a monili di giada e diamanti, smeraldi e rubini straordinariamente più preziosi, anche sotto il profilo storico ed artistico. Resta lo smacco per Venezia, unica città italiana a ospitare una mostra che aveva già girato mezzo mondo senza alcun problema.

Dopo essere stata esposta, negli ultimi anni, a New York, Londra, Parigi e Kyoto, l’inestimabile collezione dello Sceicco Hamad bin Abdullah Al Thani, membro della famiglia reale del Qatar, è arrivata a Venezia con 270 tra gioielli, pietre preziose, diamanti, oggetti in giada e pregiati manufatti indiani e d’ispirazione indiana degli ultimi cinque secoli: la più completa collezione del suo genere costruita personalmente dallo sceicco, appassionato d’arte e di storia.

Curata da Amin Jaffer, conservatore della Collezione Al Thani, e da Gian Carlo Calza, noto studioso di arte dell’Estremo Oriente, e con la direzione scientifica di Gabriella Belli, la mostra è una summa della storia dell’alta gioielleria indiana, che parte dallo stile di corte della dinastia dei Moghul (1526-1858), durante la quale i gioiellieri crearono autentiche opere d’arte con gemme di qualità eccezionale, fondendo cultura d’Oriente e Occidente.

  • Autore articolo
    Mario Ongaro
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    Il leader dei Belle & Sebastian racconta "L'impero di nessuno", il suo libro d'esordio, ai microfoni di Volume. Un libro che lui stesso definisce di autofiction: "La maggior parte delle cose che accadono a Stephen, il protagonista, sono successe anche a me". 10 anni fa, Murdoch aveva scritto una canzone con il medesimo titolo: "Il romanzo tocca gli stessi temi: Stephen ha un'amica del cuore, Carrie, entrambi hanno la stessa malattia e si sostengono e ispirano a vicenda". La malattia è l'encefalomielite mialgica: "Mentre scrivevo immaginavo il mio pubblico, e il mio pubblico era il gruppo di supporto per l’encefalomielite che frequentavo negli anni Novanta. Immaginavo di scrivere per loro, e questo mi ha aiutato a trovare il tono giusto". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Stuart Murdoch.

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    Nel cinquantenario della morte di Šostakovič il Teatro alla Scala inaugura la Stagione con il suo capolavoro Una lady Macbeth del distretto di Mcensk, tratto dal racconto di Nikolaj Leskov in cui una giovane sposa con la complicità dell’amante uccide il marito e il tirannico suocero, ma viene scoperta e finisce per suicidarsi in Siberia, tradita da tutti. Dopo il debutto a San Pietroburgo, l’opera, che avrebbe dovuto essere il primo capitolo di una trilogia sulla condizione della donna in Russia, ebbe enorme successo in patria e all’estero. Stalin assistette a una rappresentazione a Mosca nel 1936; due giorni dopo apparve sulla Pravda la celebre stroncatura dal titolo “Caos invece di musica” con cui il regime metteva all’indice l’opera e il compositore. Anni dopo Šostakovič preparò una nuova versione che andò in scena a Mosca nel 1963 con il titolo Katarina Izmajlova, dopo che il sovrintendente Ghiringhelli aveva invano cercato di ottenerne la prima per la Scala. Oggi il Teatro presenta la versione del 1934 con la direzione del M° Chailly e il debutto del regista Vasily Barkhatov. Ascolta Riccardo Chailly nella presentazione dell’opera.

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    Il trumpismo fa paura. L'autoritarismo trumpista ancora di più. A Pubblica la prima sintesi degli incontri alla Casa della Cultura di Milano per il ciclo "Autoritarismi in democrazia" (Osservatorio autoritarismo, Università Statale Milano, Libertà e Giustizia, Castelvecchi) di cui Radio Popolare è media partner (qui il programma https://www.libertaegiustizia.it/2025/11/21/autoritarismi-in-democrazia/). Ospite del primo incontro (22 novembre 2025) la filosofa Chiara Bottici, della New School for Social Research di New York. «Il clima negli Stati Uniti – ha raccontato la filosofa - è estremamente allarmante, estremamente preoccupante. Quando parlo di neofascismo non è un'esagerazione, non è un modo per dire "questi sono cattivi, Trump è autoritario"».

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