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Guarda che Lune! del 20 giugno tra sostenibilità, radici di rifugiati e Juneteenth

Juneteenth ANSA

Giornali e media italiani concentrati sui dissidi tra Conte e Di Maio si perdono le elezioni in Colombia vinte per la prima volta nella storia dalla sinistra. La sostenibilità è diventata una parola passepartout. Da quando è finita nelle mani del business ha cominciato ad annacquarsi, ormai anche nel calcio mercato si dice sostenibilità senza declinare oltre, forse si dovrebbe cominciare ad aggiungere “per il pianeta”. Ne discute oggi Giuseppe Mazza al Mulino d’Arte di Piossasco (#link2) dove racconterà altri significati del termine grazie, ad esempio, a un’app coreana che si chiama Slow Road e vi propone l’itinerario più bello invece di quello più veloce:

Come distinguere allora? C’è un claim che aiuta: non deve guadagnarci solo l’azienda. Deve guadagnarci anche il mondo intorno. Il nuovo spot di Tim “la forza delle connessioni”, archivia finalmente la saga dell’omino in blu danzante: un incubo semantico che ha perseguitato gli italiani per anni. E ci propone nella prima inquadratura dello spot girato da Tornatore la “variante fico d’India” (per sapere cosa è, leggete questa bellissima storia di Antonino Blando) e poi prosegue con la partecipazione di Dolce e Gabbana, in uno spot che celebra internet e la modernità tecnologica questo nostro benedetto immaginario ancora una volta viene preso a colpi di fico d’india.

Eppure come spiegava Steve Jobs (in questa versione speakerato incredibilmente da Dario Fo) lo spot istituzionale dovrebbe esprimere l’indirizzo dell’azienda, la sua proposta al paese e non affabulare con narrazioni separate. Tanto più se siamo a ridosso di un nuovo piano aziendale che toccherà l’occupazione e lo sviluppo dell’azienda.

Ricordiamo Michele Goettsche, le cui campagne si sono meritate le citazioni di Pasolini. Vi raccontiamo del cavaliere rampante che ha salvato un faggio a Parigi e del suo Gruppo Nazionale per la Sorveglianza degli Alberi.

Gli alberi si sa che comunicano e ormai sono usati per comunicare in ogni dove: al Giubileo della Regina si sono inventati l’albero degli alberi doveva essere una installazione d’ispirazione ed è finita contestata.

La nostra consapevolezza di aver scatenato una crisi ecologica di cui non sappiamo venire a capo ci porta a trasformare gli alberi in gadget, in simulacri della natura, a integrarli negli edifici non come creature viventi ma affidandogli i nostri messaggi, i nostri sensi di colpa? Allora meglio un albero da ascoltare davvero: quello della campagna dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati per la giornata mondiale del rifugiato, dedicato ai profughi ucraini.

Infine ricordiamo il Juneteenth statunitense di cui vi raccontiamo la bandiera e le polemiche sui prodotti in tema (ma voi la pizza “25 aprile” la comprereste?).

  • Autore articolo
    Claudio Jampaglia
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