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Francia, la battaglia dei ferrovieri

In Francia, è la vigilia del calcio d’inizio di Euro 2016 ma la protesta contro la Loi Travail non si ferma. Anzi, Il movimento continua a estendersi nonostante gli appelli dell’Eliseo.

La richieste del presidente Francois Hollande di mettere fine all’agitazione nelle ferrovie, principale campo di battaglia contro la riforma del lavoro, non sono state ascoltate. In un’intervista alla Voix du Nord, Hollande ha esortato gli oppositori alla riforma del lavoro di cessare il loro movimento: “C’è un momento, secondo una celebre formula, in cui bisogna saper fermare uno sciopero”. È un classico delle proteste dei movimenti sociali: quando l’esecutivo stima che sono durate troppo, tira fuori questa frase magica. L’aveva già usata l’ex presidente Nicholas Sarkozy nel 2007 dopo lo sciopero nei trasporti. Con un tweet la Cgt ha ricordato a Hollande la citazione completa: “Bisogna saper fermare uno sciopero quando si è ottenuta soddisfazione”.

Queste parole furono pronunciate la prima volta l’11 giugno 1936 dal primo segretario del partito comunista francese, Maurice Thorez, che chiedeva agli operai in sciopero di accettare gli accordi firmati dal Fronte Popolare e dai sindacati. Allora c’erano in ballo le prime ferie pagate e la settimana di 40 ore. Oggi alla Sncf, la compagnia ferroviaria francese, la trattativa verte sul rinnovo del contratto che scadrà a luglio. Sul tavolo l’orario del lavoro, le indennità per il lavoro notturno, il regime giuridico dei controllori che la direzione vorrebbe inquadrare come personale sedentario e non più viaggiante, con quindi meno vantaggi.

Il terzo sindacato della categoria, Sud Rail ha fatto sapere che non firmerà l’accordo proposto dalla direzione, mentre la Cgt “aspetterà l’esito del voto delle assemblee generali dei lavoratori”. La sua posizione sarà determinante: con Sud Rail rappresentano il 51,5 per cento del corpo elettorale, oltre la soglia necessaria del 50 per cento per denunciare e bloccare l’accordo.

  • Autore articolo
    Chawki Senouci
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    1) La guerra in Sudan continua e la crisi umanitaria si allarga. Le responsabilità, però, vanno ben oltre i confini del paese africano. (Giulia Chiopris - MSF, Emanuele Valenti) 2) “La guerra non si è fermata ha solo cambiato volto”. A Gaza la pace non esiste: almeno 236 palestinesi sono stati uccisi dall’entrata in vigore del cessate il fuoco. (Ezzideen Shehab) 3) “Maduro ha i giorni contati”. A colpi di raid e fake news, Donald Trump tenta di sollecitare la spallata interna al regime venezuelano. (Alfredo Somoza) 4) Spagna, a un anno dall’alluvione di Valencia l’indignazione popolare costringe il governatore Mazon alle dimissioni. (Giulio Maria Piantadosi) 5) Messico, l’omicidio del sindaco di Uruapan Carlos Manzo, che voleva rompere il compromesso sempre più stretto tra politica e narcotrafficanti. (Andrea Cegna) 6) New York, la vigilia. Domani il voto per il sindaco della città, un’elezione guardata con attenzione anche da Washington. (Roberto Festa) 7) Belem 2025, ultima chiamata. Il diario della Cop30: temi, obiettivi e sfide. (Alice Franchi)

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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