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Ex Ilva, i fondi destinati alle bonifiche a Taranto finiranno nelle tasche dell’azienda

Ilva Taranto ANSA

Tra Viale Magna Grecia e Corso Italia è comparso un manifesto che ormai tappezza Taranto. Ritrae una Befana con un sacco di carbone davanti a dei bambini attoniti. La scritta dice “L’epifania di sempre per i tarantini, carbone e green coke“. Lo ha realizzato il Comitato Cittadino Salute e Ambiente per denunciare come anche questo governo razzoli proprio male: quasi 600 milioni destinati alle bonifiche del suolo e della falda vengono invece dirottati dal decreto Milleproroghe verso la finta decarbonizzazione dell’ex Ilva.

Su chi lo abbia voluto c’è lo scaricabarile tra Transizione e Sviluppo, cioè Cingolani e Giorgetti. Ma il paradosso è che quei soldi l’Europa li ha avallati proprio perché andavano alle bonifiche e non all’azienda. In più sono parte del sequestro miliardario della Procura ai vecchi proprietari, gli inquinatori originari, ovvero la famiglia Riva. E quindi oltre al danno la beffa. Sì perché andrebbero dritti nelle casse in fortissima crisi di liquidità di Acciaierieitalia – il nuovo nome dell’ex Ilva da quando per lo Stato con Invitalia è diventato socio di Arcelor Mittal. Per fare cosa? Per dei nuovi impianti con tecnologie a carbone meno inquinanti.

L’azienda vorrebbe arrivare a produrre 6 milioni di tonnellate d’acciaio all’anno. La richiesta è stata già bocciata da Arpa e Asl perché aumenterebbero ancora i rischi sulla salute dei cittadini. Incurante il Ministero di Cingolani ha chiesto una revisione epidemiologica dei dati e delle metodologie al Ministero della Salute. Scippo, gioco delle tre carte, impensabile…. Dicono le associazioni ambientaliste di Taranto oggi in presidio “Sembra di essere tornati indietro di 20 anni. Sulla nostra pelle”. Hanno con loro tutta la società civile. Perché se c’è un luogo nel mondo dove si può misurare la distanza tra parole e fatti nella transizione ambientale, quello è Taranto.

  • Autore articolo
    Claudio Jampaglia
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