
Amarezza e orgoglio. Sono le due parole che all’indomani della sconfitta in semifinale contro l’Inghilterra, agli Europei di calcio in Svizzera, catturano le emozioni di tutta la Nazionale femminile.
Una sconfitta per 2-1 maturata in modo crudele. Passata in vantaggio con Barbara Bonansea, l’Italia si è difesa, ha sofferto e, nel secondo tempo, ha mancato un’occasione clamorosa per raddoppiare e chiudere la partita. L’Inghilterra si è salvata con il gol del pareggio nei minuti di recupero. Poi ha vinto grazie a un calcio di rigore allo scadere dei tempi supplementari.
Le italiane hanno tenuto testa alle inglesi, campionesse in carica degli Europei e finaliste degli ultimi Mondiali. Sono andate a un minuto e venti secondi dalla vittoria. A 80 secondi dalla finale. Hanno accarezzato un traguardo che sarebbe stato eccezionale, raggiunto l’ultima volta a fine anni ‘90.
L’amarezza è tutta lì. Sapere che cosa stava per succedere e poi non è accaduto. L’orgoglio, invece, affonda le radici nel percorso. L’Italia ha superato una fase a gironi tosta contro avversarie come Belgio, Portogallo e Spagna. Nei quarti di finale ha battuto in modo emozionante una squadra di grande tradizione come la Norvegia. La semifinale è stata seguita in televisione su Rai Uno, in media, da oltre 4 milioni di spettatori. Un’attenzione, una partecipazione e un tifo che non si vedevano dai quarti di finale raggiunti ai Mondiali del 2019, quelli che hanno portato in dote il professionismo per le calciatrici italiane.
Le sfide adesso restano quelle più difficili: scardinare un mondo del calcio ancora maschile e maschilista. Attirare risorse e investimenti di istituzioni, club, sponsor, televisioni. Conquistare più tifose e più tifosi.
La capitana Cristiana Girelli, tre gol e un Europeo super a 35 anni, sulle sue pagine social ha scritto: “NON DIMENTICATE. Siamo donne. Giochiamo a calcio. E siamo FIERE”.
L’amarezza va e viene con i risultati. L’orgoglio, invece, resta.