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È vera la resa del capo di Boko Haram?

È passato qualche giorno dalla pubblicazione su YouTube del video di Abubakar Shekau, il capo della famigerata setta nigeriana Boko Haram, in cui il sanguinario leader annuncia la sua personale resa e invita i miliziani a fare altrettanto.

E nonostante il tempo non c’è ancora nessuna certezza, innanzi tutto sulla sua autenticità, e poi, eventualmente, sul significato.

Il video dura poco più di sette minuti ed è di pessima qualità, sia per quanto riguarda le immagini sia per l’audio. Una qualità così scarsa che impedisce agli esperti di assegnare con certezza quella voce e quelle immagini ad Abubakar Shekau.

La domanda che una tale constatazione suscita immediatamente è: ma allora chi lo ha fatto? E perché? In Nigeria e in Costa D’Avorio fonti giornalistiche dicono che potrebbe essere opera dell’esercito nigeriano (avallato dal mondo della politica legato all’attuale presidente Buhari). Sia i militari che il capo dello stato hanno assoluto bisogno di una vittoria definitiva contro Boko Haram, che stenta ad arrivare nonostante gli innegabili successi militari.

Se così fosse, però, perché il vero Abubakar Shekau non appare clamorosamente, sbeffeggiando potere ed esercito? Un tale colpo di scena sarebbe proprio intonato al suo personaggio: offensivo, arrogante, provocatorio, sempre un po’ sopra le righe e con una fama da “resuscitato” perché in varie occasioni è stato dato per morto (forse lascerà passare i giorni di Pasqua per non assomigliare troppo a Gesù, lui islamico integralista e radicale che ha iniziato la sua carriera uccidendo migliaia di fedeli cristiani).

Sembra più verosimile (ma anche questa con molti dubbi) l’ipotesi che invece sia veramente lui l’uomo del video. Potrebbe essere anche che, incalzato dai militari che, in questi giorni, lo stanno tallonando, lui abbia negoziato uno scambio: la sua dichiarazione pubblica di resa in cambio della vita e di un lasciapassare verso un luogo sicuro.

Il video poi potrebbe anche essere la dimostrazione che ai vertici di Boko Haram si è realizzato un cambio, in sostanza che Abubakar Shekau sia stato rovesciato (si sapeva che all’interno della setta c’erano diverse anime in conflitto tra loro).

A questo punto le domande sono le seguenti: chi è il nuovo leader? E quale linea rappresenta?

Ciò che appare certo è che è presto per considerare tramontato il pericolo Boko Haram che, del resto, in questi giorni ha continuato ad agire con attentati e sequestri e sta subendo un arretramento militare come del resto lo Stato Islamico di Abu Bakr Al Baghdadi al quale Shekau aveva aderito.

Dal 2009, anno in cui la setta è stata sostanzialmente guidata da Abubakar Shekau, Boko Haram ha causato almeno 17mila morti e diverse migliaia di sequestri nel nord-nord-est della Nigeria. Sotto la guida dell’uomo che pochi giorni fa si è arreso sono stati inventati spietati sistemi di terrorismo: far compiere attentati a bambine, sequestri in massa di adolescenti, punizioni corporali crudeli e un sistema di terrore tra i più efficienti a paurosi.

  • Autore articolo
    Raffaele Masto
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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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    Anniversario numero 56 per la Strage di Piazza Fontana, quest’anno oltre alle istituzioni nella celebrazione del pomeriggio parleranno una studentessa di un liceo milanese e uno dei vigili del fuoco che entrarono per primi dopo lo scoppio della bomba, ci spiega Federico Sinicato, presidente dell’Associazione dei Familiari delle vittime di Piazza Fontana. “L’importanza del 12 dicembre va al di là della celebrazione e del ricordo che si fa in piazza, è una data storica per l’intero Paese perché è l’inizio della strategia della tensione che produce effetti devastanti e blocca di fatto il grande movimento di riforma del Paese nato dalle lotte dei lavoratori e degli studenti, basta pensare che l’approvazione del Senato dello Statuto dei lavoratori è del 11 dicembre, il giorno prima, il momento fu scelto come risposta all’avanzata dei diritti e se pensiamo che oggi questi valori vengono rimessi in discussione. E’ una data sacra per il Paese”, In Piazza dopo le celebrazioni istituzionali ci sarà il corteo dei movimenti con partenza alle 18.30 da Piazza XXIV Maggio. E ci sarà anche l’inaugurazione del memoriale “Non dimenticarmi“, un’installazione permanente nata dal basso che ricorda le vittime delle stragi, donata al Comune di Milano e installata in Piazza Fontana. L'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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