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E’ la Colombia il Paese con più rifugiati al mondo

La Colombia ha raggiunto nel 2016 il triste primato mondiale di primo Paese al mondo per rifugiati interni, superando Iraq e Siria. Si tratta del 15 per cento della popolazione, insieme ad altri 350mila persone scappate all’estero. È un processo lungo che risale agli anni ’80 e ’90 ed è dovuto a tre eventi.

Il primo è il conflitto tra governo e guerrilla che si dovrebbe concludere con la firma degli accordi di pace nei prossimi anni.

Il secondo è stato l’irruzione del narcotraffico, cioè l’esproprio di terre con mano armata per coltivare le piante di coca.

Il terzo è il fenomeno del paramilitarismo. Certe bande paramilitari pagate dai grandi proprietari terrieri tra le pieghe del conflitto hanno cacciato le popolazioni contadine e si sono appropriati delle terre.

Questi tre eventi hanno determinato un vero e proprio esodo. Parliamo di più di sette milioni di persone, che per il 60 per cento sono andate a vivere nelle principali città del Paese – Bogotà, Medellìn, Cali e Barranquilla.

Gli abitanti delle favelas che cingono queste città sono contadini poveri, afroamericani, indigeni, che sono stati espulsi violentemente dalle loro terre e diventati massa sotto proletaria da cui il narcotraffico ha pescato per reclutare sicari durante i momenti di scontro soprattutto negli anni ’80 tra narcotrafficanti e stato.

Tra i punti di discussione negli accordi di pace c’è il ricollocamento di queste popolazioni. Sono previsti aiuti per il rimpatrio di coloro che sono andati all’estero, ma il piano più ambizioso riguarda il rientro delle popolazioni nelle zone che erano controllate dalle Forze armate rivoluzionarie.

Il problema che si pone è quello della proprietà della terra. Queste persone sono scappate abbandonando le loro terre che sono state rubate e occupate abusivamente da qualcun altro. Riappropriarsi di quelle terre diventa molto problematico perchè parliamo di poteri forti che non si sono disarmati.

Una delle cose più difficili da prevedere è che quelle terre vengano liberate. Si ipotizza quindi in Colombia di destinare nuove terre alle popolazioni che nel frattempo sono diventate urbane. Non è detto che la maggior parte di queste persone voglia tornare a vivere in zone rurali a meno che non vengano attuati dei piani che gli permettano di intraprendere delle attività economiche per continuare a vivere.

  • Autore articolo
    Alfredo Somoza
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    L’educazione sessuale a scuola si farà solo con il consenso dei genitori degli studenti minorenni, sia alle medie sia alle superiori. Alla Camera ieri è arrivato il via libera agli emendamenti al ddl Valditara tra le proteste delle opposizioni. È stato respinto anche un emendamento che prevedeva di togliere il consenso dei genitori in caso il corso fosse organizzato dalle Asl, quindi non da associazioni ma dal servizio sanitario nazionale. Intanto, prosegue l’indagine della procura di Roma "lista degli stupri” comparsa nei giorni scorsi nei bagni del liceo romano Giulio Cesare. Al momento il reato ipotizzato è istigazione a delinquere finalizzata alla violenza sessuale. Andrea, una delle studentesse del Giulio Cesare il cui nome era presente nella lista, al microfono di Mattia Guastafierro, ci racconta qual è il clima a scuola: “Ci sono stati dei precedenti, sicuramente non così gravi: stati bruciati dei cartelloni contro la violenza sulle donne nel bagno dei maschi, sono state strappate delle petizioni messe in bacheca per sensibilizzare alla violenza di genere. Purtroppo ci sono persone che hanno avuto un'educazione familiare estremamente poco consapevole di certe cose e purtroppo questa è la prova che un argomento così terribile come lo stupro possa essere utilizzato con leggerezza e, anzi, scritto su un muro di un bagno”. Inoltre, Andrea riconosce l'importanza dell'educazione sesso-affettiva nelle scuole: "Noi passiamo tantissime ore all'interno delle mura scolastiche e quindi deve essere la scuola a insegnare ed arrivare dove la famiglia magari non riesce. C'è molta disinformazione su quello di cui si tratta nell’educazione sessuo-affettiva: serve per insegnare il consenso, per conoscere se stessi senza paure, senza timori e stigmi sociali, per accettare ogni parte di sé. Facendo questo percorso dentro la scuola inevitabilmente la violenza di genere, e le violenze in generale, vengono arginate proprio perché la violenza parte da un'insicurezza. Se noi insegniamo che va bene averle, che queste si possono gestire, come gestire le relazioni, i conflitti ed educare al consenso, io credo che queste cose non succederebbero più. La scuola se ne deve far carico".

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