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Dynamic Pricing e concerti: Pierfrancesco Maran parla delle iniziative in corso al Parlamento Europeo

pierfrancesco maran

Il dynamic pricing, la pratica che permette ai venditori di modificare i prezzi in tempo reale in base alle fluttuazioni della domanda, è diventato negli ultimi mesi oggetto di un acceso dibattito nel settore della musica dal vivo. Questa strategia di dinamica dei prezzi, già ampiamente utilizzata in settori come quello alberghiero e dei trasporti aerei, ha recentemente suscitato polemiche quando Ticketmaster l’ha applicata alla vendita dei biglietti per i concerti degli Oasis. Un caso che ha spinto diversi governi, tra cui quello britannico e irlandese, ad avviare indagini su questa pratica, mentre l’Australia sta valutando di vietarla completamente.

Pierfrancesco Maran, europarlamentare del Partito Democratico ed ex assessore del Comune di Milano, a metà ottobre ha organizzato un incontro al Parlamento Europeo sul tema, a cui hanno partecipato eurodeputati di diversi schieramenti politici, esperti del settore e rappresentanti delle associazioni di categoria. E’ seguito poi un altro momento di confronto tenutosi durante la Milano Music Week 2024, dove Maran ha discusso le implicazioni del dynamic pricing con gli operatori del settore musicale italiano. In questa intervista a Radio Popolare, l’europarlamentare spiega il lavoro in corso per regolamentare il fenomeno a livello comunitario.

Radio Popolare: Partiamo dalla conferenza che ha organizzato al Parlamento Europeo per parlare di dynamic pricing. Molti dei nostri ascoltatori ricorderanno che abbiamo parlato anche noi di questo tema, e delle polemiche scatenate in particolare dalle vendite dei biglietti dei concerti degli Oasis: in che modo ha voluto impostare la discussione?

Pierfrancesco Maran: Ritengo che il modo in cui sono stati venduti i biglietti degli Oasis sia stato al limite della pratica elusiva. Si annunciava una partenza da 90 euro, ma in realtà la vendita è arrivata a 500 euro e oltre. Probabilmente era anche un modo per attrarre più persone attraverso i prezzi bassi annunciati, creando attesa e facendo lievitare i prezzi. Ma non è solo una questione di trasparenza. Si aggiunge il fatto che a livello europeo questi grandi eventi hanno di fatto un monopolio organizzativo, come accade negli Stati Uniti e in Australia. Le due discussioni procedono parallelamente: da un lato l’apertura del mercato affinché più operatori possano effettivamente lavorare nell’organizzazione dei concerti, che non può essere un monopolio intercontinentale; dall’altro, evitare pratiche che, sfruttando questo monopolio, fanno salire i prezzi. L’Europa ha anche lo strumento per affrontare la questione: il Digital Fairness Act, che verrà varato nel 2025.

RP: Chi difende il dynamic pricing sostiene spesso che questo strumento viene già applicato in altri mercati. Si cita ad esempio la vendita dei biglietti aerei o la dinamica dei prezzi alberghieri, soprattutto in occasione di eventi speciali che aumentano la richiesta. Perché secondo lei il mercato della musica dal vivo deve avere regole diverse?

Pierfrancesco Maran: Torniamo proprio al legame tra dynamic pricing e monopoli. Se devo prenotare un hotel o un volo per una città, ho plausibilmente a disposizione diverse strutture alberghiere e compagnie aeree. Esiste quindi un sistema di concorrenza per cui il prezzo dinamico cerca di far incontrare domanda e offerta, chiaramente nell’interesse di chi vende, ma spesso andando anche incontro alle esigenze dei consumatori. Questo non accade con un evento unico, sia perché è tale – io voglio seguire quel concerto, non quello di un’altra band – sia perché tutta la filiera è ormai organica: un unico grande operatore possiede la rete di distribuzione, è l’unico che può organizzare questi eventi e spesso possiede anche le arene dove si svolgono. Questo fa sì che il sistema sia falsato in partenza. Per questo chiediamo di normare il dynamic pricing specificamente per gli eventi musicali e sportivi, dove la distorsione va solo verso l’alto. La riprova è che questi prezzi aumentano soltanto, anche perché si tratta di eventi che polverizzano le vendite con un anno di anticipo.

RP: La sua sensazione è che i suoi colleghi all’Europarlamento siano sensibili al tema? C’è la possibilità concreta di arrivare a delle norme che regolino il settore?

Pierfrancesco Maran: Sono ottimista, innanzitutto perché l’Unione Europea ha sempre operato efficacemente nella tutela dei diritti dei consumatori. L’evento che ho organizzato è stato volutamente trasversale, con la partecipazione anche di parlamentari del Partito Popolare Europeo, proprio per sottolineare che non era una questione solo mia o dei socialisti, ma un tema che trova consenso generale. Ho inoltre interrogato nelle audizioni il commissario McGrath, che se ne dovrà occupare tramite il Digital Fairness Act, e si è detto disponibile a normare il fenomeno. Sono quindi convinto che entro il 2025 avremo delle novità concrete su questo fronte.

RP: Lei ha recentemente partecipato anche a un appuntamento durante la Milano Music Week per parlare di questo tema. Il confronto con gli operatori italiani del settore ha consolidato le sue posizioni? Ci sono stati spunti interessanti che porterà nel suo lavoro all’Europarlamento?

Pierfrancesco Maran: Mi sembra ci sia un generale consenso in questo momento, anche grazie alla campagna negativa scaturita dal caso Oasis, con un forte sostegno da parte del mondo degli artisti per fermare questo fenomeno. Credo sia importante distinguere tra gli eventi che creano un’attenzione così forte da esaurire i biglietti in poche ore, soggetti al dynamic pricing in chiave negativa, e gli eventi piccoli e medi, dove un’oscillazione di prezzo nel corso dei mesi è anche normale, finalizzata a riempire i palazzetti. Tuttavia, i grandi eventi che creano questo tipo di attesa hanno conseguenze economiche rilevanti: pensiamo che due anni fa, nel caso del tour di Beyoncé in Svezia, si è ritenuto che l’incremento dell’inflazione registrato in quel periogo fosse dovuto proprio alla tappa di Stoccolma di quell’artista. La musica sta quindi passando dall’essere un evento culturale a un fenomeno economico capace di trasformare le economie locali e talvolta anche nazionali.

RP: Questo ha probabilmente molto a che fare con le evoluzioni del mercato musicale degli ultimi dieci anni e con la crescente importanza che ha assunto la dimensione del live. Il fatto che il live sia sempre più un elemento cruciale per i bilanci, sia degli artisti che di tutto il mercato, deve essere un elemento su cui ragionare, non crede?

Pierfrancesco Maran: Assolutamente sì. L’Unione Europea, dopo la pandemia, ha investito risorse su molti eventi comunitari, tra cui Europa Creativa, con l’obiettivo di favorire e sostenere la musica dal vivo. L’attenzione è rivolta soprattutto alla categoria intermedia, perché un altro problema significativo che dobbiamo affrontare oggi è che, mentre funzionano alla grande tutti i grandi eventi più attrattivi, c’è una difficoltà nel segmento piccolo e medio, che rimane fondamentale nell’ambito delle città e che va sostenuto. Il rischio è che se i grandi eventi arrivano a costare mille euro tra biglietto, trasferta e hotel, le risorse delle persone si esauriscano lì, invece di permettere una più diffusa partecipazione alla vita culturale.

  • Autore articolo
    Niccolò Vecchia
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    L'abbiamo scoperto con l'EP "Somewhere only we go" e oggi a Volume abbiamo avuto modo di conoscere meglio la storia di questo cantautore nigeriano, che si è poi formato musicalmente in Ghana: "Nel corso degli anni le nostre musiche si sono fuse: l'highlife ghanese, il palm-wine, il folk di Kumasi, il suono contemporaneo della chitarra. Ho potuto unire questi due mondi, mescolandoli con le radio occidentali che ascoltavo da ragazzo". Il risultato è un folk pop pieno di anima e di profondità: "Il mio obiettivo non è solo una carriera internazionale, ma costruire qualcosa in Africa. Voglio creare una struttura che funzioni per artisti come me, gente con una chitarra o un tamburo, artisti contemporanei che non hanno modo di raggiungere il loro pubblico". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Tommy WA.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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