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“Disumano riportare i migranti in Libia”

Il web, i social, fonte di odio e violenza. La presidente della Camera Laura Boldrini, oggetto di insulti e minacce, ha deciso di dire basta. E ha annunciato che d’ora in poi denuncerà gli “odiatori”, gli “haters” da tastiera. Anche per dare coraggio a tutti i ragazzi e le ragazze che subiscono le angherie dei bulli del web. Ma nel caso della presidente della Camera la questione è anche politica. Perché la maggior parte degli insulti le arrivano sulla questione immigrazione. Un odio feroce, cieco, spesso con riferimenti sessuali. Ma Boldrini non vuole tacere, tantomeno su un argomento che l’ha vista impegnata fin da quando era portavoce dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati. E in questa intervista dice la sua sulle Ong e sul ruolo della Libia.

 

Presidente Boldrini perché ha deciso di denunciare chi la insulta sui social?

Penso che questo spazio, il web, sia troppo importante per lasciarlo nelle mani dei violenti, di quelli che lo usano come un modo per sopraffare gli altri. Oggi molte persone in Italia hanno aura di esprimere il proprio parere a causa della gogna digitale. Questo non può accadere in una democrazia. Quindi io ho preso la decisione di denunciare, perché in uno stato di diritto ci sono le leggi e l’ho fatto anche per incoraggiare chi è oggetto di violenza. Chi è oggetto di violenza deve poter reagire. L’ho fatto per incoraggiarli a non subire.

E infatti in tanti stanno già reagendo, stanno dicendo: ora basta. Questo significa che c’è una maggioranza silenziosa che non tollera più i violenti, la loro protervia, l’arroganza, il tentativo di fare tacere opinioni diverse.

Pensa che la sua scelta possa convincere qualcuno a fare altrettanto?

Spero che questa mia decisione possa essere considerata specialmente dalle ragazze e dai ragazzi un motivo per trovare l’energia, il coraggio di uscire dal silenzio. Io dico sempre ai ragazzi nelle scuole: non soccombete ai bulli, non soccombete a chi vi ricatta. Ma io stessa devo dare l’esempio.

Perché i giovani possano sempre avere la consapevolezza di un utilizzo responsabile del web e perché possano sentirsi protetti sulla rete attraverso la conoscenza dei loro diritti. Non possiamo più rimanere a guardare e autorizzare i violenti ad avere la meglio, in una sorta di squadrismo digitale che sta diventando insopportabile.

Nei post degli odiatori ci sono molti riferimenti sessuali

I commenti e le minacce sono quasi sempre a sfondo sessuale. Si evoca lo stupro, la violenza di gruppo come punizione. E’ terribile. E questi soggetti non entrano mai nel merito delle questioni. Loro non è che dissentono: hanno bisogno di buttare odio. E spesso questo avviene sulla base di fake news. Abbiamo ormai dei professionisti di fake news, che ogni giorno partoriscono falsità per alimentare l’odio, per distruggere la reputazione delle persone. Penso che tutto questo non possa più essere subìto a testa bassa. Io e tante altre donne dobbiamo reagire. Perché poi la maggior parte delle persone che vengono assaltata sui social sono donne.

Presidente, lei viene attaccata soprattutto sui migranti

Quello dei migranti è uno dei motivi per cui queste persone si sentono autorizzate a insultarmi e a minacciarmi. Non è l’unico. Certo, io cerco di adoperarmi per far capire che il fenomeno migratorio va gestito, non va trattato con gli slogan. Cerco di far ragionare le persone su questo tema. Che non vuol dire che tutti devono venire in Italia, io non l’ho mai detto. Vuol dire però cercare di gestire il fenomeno in modo da rispettare le leggi nazionale e internazionali. L’odio sta a dimostrare che queste persone non vogliono la soluzione del problema. E che se tu cerchi di proporre soluzione diverse vieni considerato un traditore, un nemico. E’ spaventoso. Questa gente vuole slogan.

L’altro tema su cui mi attaccano è perché mi adopero a sostegno dei diritti delle donne. E c’è uno zoccolo duro di misoginia nel nostro Paese che questo non lo tollera. Non sopporta una donna che non ha paura e fa le sue battaglie a testa alta. Io non dico che dobbiamo essere d’accordo, dico che quello che è inaccettabile e l’attacco squadrista, quello che vuol portare a far tacere che ha un’idea diversa. E io su questo non ci sto.

Cosa pensa della decisione di alcune Ong che si dicono costrette a sospendere le loro missioni di salvataggio a causa della strategia del governo italiano e dei suoi accordi con la Libia?

Penso che chi salva vite umane, e le Ong ne hanno salvate decine di migliaia, meriti rispetto. Il che non vuol dire che dobbiamo accogliere tutti ma che chi ha diritto alla protezione internazionale in base alla legge deve poter fare un percorso di accoglimento, mentre chi non ne ha diritto deve essere rimpatriato. Che non vuol dire rimandato in Libia. Su questo tema c’è un’inversione spaventosa. Non si era mai visto che chi salva vite umane venga messo in condizione di essere additato come colpevole. Questo accanimento forse nasconde questioni più grandi sulle quali invece non c’è una presa d’atto. Intanto l’impotenza delle istituzione europee e poi il fatto che le condizioni dei centri di detenzione in Libia sono terrificanti, disumane. Se la guardia costiera libica riporta, come sta facendo, queste persone in Libia le mette in quelle condizioni.

Il governo italiano quindi sbaglia ad apoggiarsi al governo di Tripoli?

Io non voglio commentare le scelte del governo. Credo però che rispetto a questo bisogna avere molta più attenzione: non ci può lasciare indifferenti la condizione delle persone che vengono riportate indietro dalla Guardia costiera libica. Questo non può essere considerato un dettaglio irrilevante.

  • Autore articolo
    Alessandro Principe
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    Questa settimana Elijah Wald è in Italia per portare sul palco, tra Milano, Torino e Piacenza, le sue storie su Bob Dylan e il Greenwich Village di New York. Chitarrista folk blues ma anche narratore e giornalista musicale, attraverso canzoni e racconti Wald ripercorre nel suo spettacolo il cammino di Dylan e dei tanti personaggi di quel periodo irripetibile. Da Woody Guthrie a Pete Seeger, da Eric Von Schmidt a Dave Van Ronk - quest’ultimo anche protagonista del film dei fratelli Coen “A proposito di Davis” e realizzato partendo proprio dal memoir scritto da Wald. Oggi Elijah è venuto a trovarci a Radio Popolare per raccontarci la sua storia e suonarci alcuni brani tra Mississippi John Hurt, Paul Clayton e Victor Jara. Ascolta l’intervista e il MiniLive di Elijah Wald.

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    Una mostra fotografica ripercorre i 50 anni di Radio Popolare. Dal 14 dicembre a Milano

    Domenica 14 dicembre alle ore 10, presso la Sala Cisterne della Fabbrica del Vapore, a Milano, inaugura la mostra "50 e 50. La mostra. Radio Popolare 1975 - 2025", una delle prime iniziative organizzate per celebrare il 50esimo anniversario dalla fondazione di Radio Popolare. La mostra racconta i cinque decenni "di onda" attraverso venti storie realizzate dai fotografi che in questi anni sono stati vicini alla radio. Inoltre, la mostra ospiterà un’interpretazione creativa realizzata da Studio Azzurro dei video che ricostruiscono la storia di Radio Popolare. La mostra sarà allestita fino al 25 gennaio. Tiziana Ricci ce la racconta insieme a Giovanna Calvenzi, che ne è la curatrice.

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