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Turchia, la stampa libera sul banco degli imputati

“Nessuna prova, moltissime supposizioni” .

Titola così il quotidiano Cumhuriyet a proposito del processo che lo riguarda e che si è aperto oggi. Alla sbarra 19 persone tra giornalisti e dirigenti. 12 di loro si trovano in carcere già da 200 giorni , da quando cioè si svolse la clamorosa operazione di polizia ordinata dalla procura di Istanbul lo scorso autunno. 5 sono stati lasciati in libertà , 2 si trovano all’estero. Lo storico giornale voce della Turchia laica nato con la fondazione della Repubblica, il più importante organo di informazione della opposizione, sta subendo un attacco senza precedenti . La testata non è stata ancora chiusa, come è stato fatto con centinaia di altri media, ma la redazione è falcidiata ed il rischio è il suo commissariamento.

Le accuse sono quelle di collaborazione con organizzazioni terroristiche, nello specifico FETO, la presunta rete golpista facente capo all Imam Fetullah Gülen, il partito curdo dei lavoratori PKK e al Fronte di liberazione del popolo, una formazione di estrema sinistra. Fra gli imputati ci sono personaggi molto conosciuti in Turchia, come il giornalista e scrittore Ahmet Sick , che paradossalmente aveva denunciato per primo in un libro nel 2011, poi mai pubblicato, le infiltrazioni della rete di Gülen negli apparati dello stato: magistrati vicini al potente imam ex alleato politico di Erdoğan riuscirono a mandarlo in prigione; vi trascorse un anno fino a quando il processo venne chiuso per l’ inconsistenza dei fatti. Ora si trova in carcere per il motivo opposto. In carcere anche il direttore della testata, e coinvolto anche l’ex direttore, Can Dundar, già condannato in primo grado a una pena di 5 anni e mezzo per rivelazione di segreto di stato: il giornalista ha lasciato il paese ed ha trovato rifugio in Germania. Gli elementi utilizzati dall’ accusa sono conversazioni tenute con i cosiddetti “gulenisti”, ovvero i facenti parte della presunta rete golpista : queste persone sono a loro volta indagate o arrestate anche solo per l’ utilizzo di un applicazione, Bylock, in uso fra i seguaci dell’ Imam ritenuto l’ispiratore del fallito golpe di un anno fa. Ma ci sono anche Twitter e articoli critici nei confronti del governo a fare da capo d’accusa in quanto considerati un attacco allo Stato.

Un processo dal forte carattere politico, per questo oggi l ‘aula della udienza era affollata di avvocati e delegazioni di organizzazioni per i diritti umani e associazioni stampa nazionali ed internazionali, deputati turchi ed europei. Le molte persone accorse che non hanno potuto entrare in aula hanno animato un sit in fuori dal tribunale. I lavori andranno avanti fino a venerdì, quando il giudice si esprimerà sul rilascio di alcuni o tutti gli accusati, o al contrario deciderà per il carcere di alcuni o di tutti quelli rimasti in libertà. Sono 159 i giornalisti in carcere in Turchia, più di 300 quelli messi sotto processo solo negli ultimi due mesi. Nel frattempo si inasprisce il clima sugli agli attivisti per i diritti umani fermati due settimane da nel corso di un meeting in cui ha fatto irruzione la polizia: Per 4 su 12 era stata concessa la libertà vigilata, ora si trovano tutti in prigione.

  • Autore articolo
    Serena Tarabini
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    È morto a 91 anni Fausto Amodei, figura cruciale per la canzone popolare italiana che alla fine degli anni cinquanta aveva contribuito a fondare il Cantacronache, il primo esperimento di canzone politica “d’autore” in Italia. Tra i suoi capolavori 'Per i morti di Reggio Emilia', una delle canzoni popolari e politiche più suonate nelle piazze d’Italia. Ma "le sue canzoni sono riuscite ad andare ben oltre il suo nome” diventando parte dell’immaginario collettivo, ricorda il cantautore Alessio Lega ai microfoni di Radio Popolare. Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia.

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    Il drammaturgo Christopher Adams vince il Premio Annoni sfidando gli stereotipi della mascolinità

    Venison è il testo teatrale che si è aggiudicato il Premio Annoni per la Drammaturgia LGBTQ+ 2025 nella sezione in lingua inglese. Il suo autore, il drammaturgo angloamericano Christopher Adams, porta sulla scena una storia d'amore queer fra due giovani uomini, le cui vicissitudini professionali finiscono per scatenare dinamiche di competizione e predominio, tipiche di una mascolinità stereotipata. Il testo li consegna a una specie di resa dei conti nel cuore di una foresta, vicino a un capanno da caccia. Lo abbiamo intervistato mentre, a Londra, era appena uscito da un corso di tip tap. L'intervista di Ira Rubini.

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