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Cresce la battaglia del “No Tap”

In alto, in cima a una vetta della Val di Susa c’è una bandiera in più. Arriva dal Salento ed esprime un concetto trasparente con un’unica frase: “No Tap”. E’ il trait-d’union di una battaglia comune, in territori profondamente diversi, da una parte montagne dal verde brillante e vallate, dall’altra campi dalla terra rossa e fondali marini. E dai poli opposti, nord e sud, moltissimi cittadini mobilitati in difesa del territorio, dell’ambiente, del proprio orizzonte mattutino.

La battaglia contro la Tav ha preso dimensioni universali, quella contro il Tap sta crescendo. E sembrano in molti a temere che l’opposizione al progetto si estenda ulteriormente. Noi quindi oggi in Effetti Collaterali torniamo nel Salento. In primo luogo perché ci sono novità importanti e anche perché la società responsabile del tratto italiano ci ha sollevato dei rilievi per la precedente trasmissione dedicata al TAP. Il Trans Adriatic Pipeline, ricordiamo, è il progetto di gasdotto che vede la fase terminale nel Salento appunto. Lungo 870 chilometri, dovrebbe portare in Europa Centrale 10 miliardi di metri cubi di gas per 50 anni.

La pipeline che dovrà trasportare gas azero dovrà passare da Turchia, Grecia, Albania fino ad approdare sul litorale Adriatico e connettersi alla rete italiana di trasporto del gas in Salento. Il terminale in Italia sorgerà su una delle più belle spiagge del sud pugliese: San Basilio, a due passi da San Foca.

Da qui il Tap dovrebbe proseguire nel comune di Meledugno con un tratto di 8 chilometri fino al terminale di ricezione per poi riallacciarsi alla rete nazionale di Snam rete Gas, in provincia di Brindisi. L’inizio dei cantieri avrebbe dovuto rispettare il termine del 16 maggio, pena la decadenza dell’autorizzazione unica ministeriale.

E qui iniziamo già con un primo corto circuito. Secondo il Comune di Meledugno e la Regione Puglia, i lavori, con lo scavo di un pozzo per la creazione di un microtunnel, non sono partiti. Quindi hanno presentato ricorso in Procura. Per la società responsabile dell’opera così come anche il Ministero dello Sviluppo Economico i lavori sono stati avviati, lo dimostra l’installazione della recinzione.

Ma il cortocircuito continua perché secondo il Ministero dell’Ambiente sul territorio siamo ancora alla fase zero. Mentre tra i palazzi romani lo scontro prosegue, andiamo in Salento con il primo rilievo avanzato dalla società responsabile del progetto che riguarda lo sradicamento degli ulivi monumentali, che in un primo tempo ha contestato che si trattasse di migliaia, per poi invece confermare. Sono complessivamente 1900 quelli che dovrebbero essere sradicati e poi ripiantati nello stesso posto grazie alle coordinate fornite dai GPS. La prima tranche da sradicare conta 231 ulivi. Quando chiediamo i costi di un’operazione tanto ardita, ci rispondono “contenuti”, solo qualche centinaia di migliaia di euro. Non c’è bisogno di sottolineare l’effetto collaterale di un intervento di questo tipo, nella regione riconosciuta come un paradiso terrestre della macchia mediterranea. Altro punto contestato riguarda la costruzione del microtunnel, ragione appunto per la quale si prevede di sradicare gli ulivi e realizzare la via di accesso al mare. La società spiega che il tubo passerà a dieci metri sotto la spiaggia e senza scavi a cielo aperto mentre il terminale sarà realizzato a otto chilometri all’interno.

Il Comitato No Tap ci ha spiegato che dal punto di approdo al terminale di ricezione questi otto chilometri sono a scavo aperto tra ulivi e zone ad alto pregio tra cui un’antica villa romana. Sempre secondo il Comitato non è stato ancora presentato un progetto esecutivo dell’intera opera e non è chiaro se il microtunnel è fattibile, considerato che potrebbe avere effetti collaterali con danni irreversibili sul fondale marino.

Intanto i vertici della società del Trans Adriatic Pipeline, hanno annunciato uno stanziamento di 200 mila euro per progetti proposti da onlus ed enti non profit pugliesi. Al tempo stesso però una bandiera sventola a nord, su una cima della Val di Susa…

Effetti collaterali. Popolazione civile in pericolo è la rubrica a cura di Cristina Artoni, in onda ogni lunedì su Radio Popolare alle 9.20

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Effetti Collaterali Tap 2

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    Cristina Artoni
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    Natuzzi, azienda specializzata in arredamenti e proprietaria del marchio Divani&Divani, ha annunciato 497 licenziamenti e l’intenzione di chiudere due stabilimenti nel barese a poche ore dal Natale. È l’ultimo sviluppo di una crisi che però va avanti ormai da più di 15 anni. Parte della produzione è stata spostata all’estero, decine di milioni di finanziamenti pubblici ricevuti non sono bastati a salvaguardare i posti di lavoro. Il mese scorso 1800 impiegati dei cinque stabilimenti italiani di Natuzzi erano stati messi in cassa integrazione. Ascolta l'intervista a Ignazio Savino, segretario generale della Fillea Cgil Puglia.

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