
Cosa pensano di ottenere gli organizzatori del Remigration Summit, il convegno a cui hanno partecipato rappresentanti delle destre estreme di tutto il mondo occidentale, dagli Stati Uniti all’Australia passando per l’Europa?
Remigration significa: tutti gli stranieri devono essere cacciati, rimandati nella loro terra d’origine. E per stranieri intendono pure i discendenti degli immigrati, poco importa se abbiano la cittadinanza. Qualcosa che detta così somiglia a una soluzione finale. Per attuarla, occorre immaginare scenari di guerra. Quello che i sostenitori della remigrazione possono sperare di ottenere qui e ora è la vittoria nella battaglia culturale. Imporre una visione, una forma mentale, che criminalizza in primo luogo l’immigrazione e che, in ultima istanza, criminalizza tutti i valori che attengono alla società aperta.
Spostare lo stigma dalle spalle di chi teorizza un mondo bianco, ariano, puro, alle spalle di chi si vuole vivere in un mondo laico, in una società dai valori liberali e democratici. L’operazione, da Trump a Meloni e Salvini, pare abbia un certo successo. Solo per restare in Italia e alla stretta cronaca, ieri al teatro di Gallarate hanno parlato, in videoconferenza, i leghisti Sardone e Vannacci. Salvini li aveva appena nominati vice segretari del partito. Una volta era solo Forza Nuova a parlare così. Ieri il ministro degli Interni Piantedosi ha spiegato che tra “remigratori” e moderati “tutte le idee sono legittime”. Meloni taceva. Non aveva bisogno di aggiungere altro.