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Corruzione vs. diritti e Costituzione

Alberto Vannucci insegna Scienza politica all’università di Pisa. La corruzione politico-amministrativa e le organizzazioni criminali sono i suoi principali campi di ricerca. Dal 2010 coordina il Master universitario in “Analisi, prevenzione e contrasto della criminalità organizzata e della corruzione”, progettato con “Libera” e “Avviso pubblico”: «stiamo cercando insieme di formare dei “professionisti dell’etica”, come li definisce don Luigi Ciotti, capaci di unire passione civile e competenze». Vannucci, ospite oggi a Memos, è anche presidente di Libertà e Giustizia.

La conversazione inizia dal tema della corruzione, reso ancora di più attuale – se mai ce ne fosse stato bisogno – dagli arresti di ieri alla Regione Lombardia con il numero due della giunta Maroni, Mario Mantovani, accusato di corruzione aggravata, concussione e turbativa d’asta. «La corruzione è un depredare risorse comuni ad opera di pochi», spiega Vannucci utilizzando una definizione sociologica. «Risorse che a volte si quantificano in termini di bilancio, altre volte sono risorse di altro tipo, risorse politiche, di consenso».

Alberto Vannucci
Alberto Vannucci

Perchè il saccheggio della corruzione prosegue fino a diventare sistematico? «Molto semplicemente perchè una parte significativa della nostra classe dirigente è artefice diretta o beneficiaria di questo saccheggio, quindi ha tutto l’interesse ad esserne connivente». E le modifiche alla Costituzione, cosa c’entrano con la corruzione? «C’è un modello di governo dei processi decisionali – che si sta applicando con le modifiche alla Costituzione ma anche con le nuove norme sulla scuola, la Rai – che prevede una verticalizzazione del potere. Un potere che si scioglie sempre di più dai controlli, sia dal basso che dagli organi istituzionali. Tutto ciò è perfettamente coerente – e non dico che sia questo il principale movente dei proponenti – con il modello di gestione e con le aspettative e gli interessi di questa rete di corruzione sistemica».

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    Raffaele Liguori
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    L’educazione sessuale a scuola si farà solo con il consenso dei genitori degli studenti minorenni, sia alle medie sia alle superiori. Alla Camera ieri è arrivato il via libera agli emendamenti al ddl Valditara tra le proteste delle opposizioni. È stato respinto anche un emendamento che prevedeva di togliere il consenso dei genitori in caso il corso fosse organizzato dalle Asl, quindi non da associazioni ma dal servizio sanitario nazionale. Intanto, prosegue l’indagine della procura di Roma "lista degli stupri” comparsa nei giorni scorsi nei bagni del liceo romano Giulio Cesare. Al momento il reato ipotizzato è istigazione a delinquere finalizzata alla violenza sessuale. Andrea, una delle studentesse del Giulio Cesare il cui nome era presente nella lista, al microfono di Mattia Guastafierro, ci racconta qual è il clima a scuola: “Ci sono stati dei precedenti, sicuramente non così gravi: stati bruciati dei cartelloni contro la violenza sulle donne nel bagno dei maschi, sono state strappate delle petizioni messe in bacheca per sensibilizzare alla violenza di genere. Purtroppo ci sono persone che hanno avuto un'educazione familiare estremamente poco consapevole di certe cose e purtroppo questa è la prova che un argomento così terribile come lo stupro possa essere utilizzato con leggerezza e, anzi, scritto su un muro di un bagno”. Inoltre, Andrea riconosce l'importanza dell'educazione sesso-affettiva nelle scuole: "Noi passiamo tantissime ore all'interno delle mura scolastiche e quindi deve essere la scuola a insegnare ed arrivare dove la famiglia magari non riesce. C'è molta disinformazione su quello di cui si tratta nell’educazione sessuo-affettiva: serve per insegnare il consenso, per conoscere se stessi senza paure, senza timori e stigmi sociali, per accettare ogni parte di sé. Facendo questo percorso dentro la scuola inevitabilmente la violenza di genere, e le violenze in generale, vengono arginate proprio perché la violenza parte da un'insicurezza. Se noi insegniamo che va bene averle, che queste si possono gestire, come gestire le relazioni, i conflitti ed educare al consenso, io credo che queste cose non succederebbero più. La scuola se ne deve far carico".

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