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Regione Lombardia e governo in ritardo

Se non fosse stato per il ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti, che ha convocato per la mattinata di mercoledì 30 dicembre una riunione di coordinamento degli interventi contro lo smog nelle città italiane, il governatore lombardo Roberto Maroni sarebbe arrivato buon ultimo in questa gara al ribasso nel prendere provvedimenti seri contro la situazione ormai inaccettabile che da più di un mese sta colpendo l’intera Italia.

E sì che le richieste, in primis dal Comune di Milano, erano arrivate già da tempo, almeno dieci giorni fa. Ma il presidente di Regione Lombardia si è svegliato solo alla vigilia di natale, quando in tutta fretta ha convocato per il tardo pomeriggio di lunedì 28 dicembre un tavolo coi vertici dei comuni lombardi per discutere il che fare. Intanto i singoli comuni si sono mossi in ordine sparso, per provare almeno a tamponare l’emergenza. E così a Milano, come in altri dodici comuni dell’hinterland, ci saranno tre giorni di blocco del traffico, dalle 10 alle 16.

Mentre a Bergamo, come a Roma, ci si accontenta delle targhe alterne, lunedì 28 e martedì 29 dicembre, e poi il 4 e 5 gennaio (queste date solo per il capoluogo orobico). Troppo poco per riuscire a fare qualcosa di buono per abbassare le concentrazioni di polveri sottili nell’aria, che anche in questi giorni di poco traffico complici le festività natalizie, non sono mai scese al di sotto dei limiti consentiti per legge (50 microgrammi per metro cubo). Le ultime rilevazioni delle centraline dell’Arpa, l’agenzia regionale per l’ambiente, hanno fatto registrare valori intorno ai 60 microgrammi per metro cubo a Milano, quasi 70 a Monza, Lecco e Cremona. Che farà ora Roberto Maroni? Deciderà di fare qualcosa o seguirà il suo segretario federale, Matteo Salvini, che ha definito il blocco del traffico “una cazzata”?

  • Autore articolo
    Alessandro Braga
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    Venison è il testo teatrale che si è aggiudicato il Premio Annoni per la Drammaturgia LGBTQ+ 2025 nella sezione in lingua inglese. Il suo autore, il drammaturgo angloamericano Christopher Adams, porta sulla scena una storia d'amore queer fra due giovani uomini, le cui vicissitudini professionali finiscono per scatenare dinamiche di competizione e predominio, tipiche di una mascolinità stereotipata. Il testo li consegna a una specie di resa dei conti nel cuore di una foresta, vicino a un capanno da caccia. Lo abbiamo intervistato mentre, a Londra, era appena uscito da un corso di tip tap. L'intervista di Ira Rubini.

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