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Come ha reagito il mondo alla vittoria di Donald Trump?

La vittoria di Donald Trump

Una delle cose che salta all’occhio sfogliando i quotidiani meno conservatori di paesi come il Brasile, il Sud Africa o la Corea, sono soprattutto le riflessioni sul futuro delle relazioni economiche con gli Stati Uniti. Per questi paesi, l’incognita e il pericolo sono rappresentati dalla possibile svolta protezionista americana e dall’aumento dei dazi, ma complessivamente c’è una relativa fiducia sul fatto che le cose non cambieranno poi troppo. Le questioni climatiche, in particolare per Brasile e Sud Africa, vengono relegate in secondo piano. Mentre in Corea i politici rassicurano che ben poco cambierà quanto ad alleanze, mettendo le mani avanti a fronte di un presidente americano che non nasconde una certa ammirazione per Kim Jong Un.
L’Australia e il Canada si interrogano invece su questioni come la tenuta della democrazia – per il Sidney Morning Herald, Trump è il becchino di quella americana –, il successo popolare di The Donald o le conseguenze su donne e minoranze statunitensi della schiacciante vittoria repubblicana. Più o meno sottintendendo che la convivenza con il vicino ingombrante si annuncia molto più complicata rispetto agli anni della presidenza Biden.
I toni dei media nei due paesi del Commonwealth echeggiano quelli dei principali quotidiani europei, tra shock e dolore per “La fine di un mondo americano”, come titola l’editoriale di Le Monde. Il quotidiano francese legge la rielezione di Trump, questa volta voluta e consapevole, come un momento di svolta maggiore per gli Stati Uniti, la fine di un ciclo che li vedeva porsi come un modello di superpotenza democratica e interventista. Oggi il mondo di Trump, scrive il quotidiano, è fatto di rapporti di forza e guerre commerciali e disprezza il multilateralismo. Un mondo dove la diplomazia economica sulla base degli interessi nazionali sostituisce le alleanze a partire da valori comuni.
Titolando “La Paura trionfa sulla Speranza”, anche il Guardian riprende questa lettura dei fatti, aggiungendo una dose di disperazione davanti a un’elezione che offre il riflesso di un paese razzista, omofobo, misogino e violento. E soprattutto prevedendo un futuro distopico a cui farà da flebile contraltare una rinnovata resistenza anti-Trump. Resistenza a cui fa appello proprio dalle sue pagine l’ex segretario americano del lavoro Robert Reich.
All’angoscia del quotidiano britannico fa da contraltare lo sguardo attonito del resto dell’Europa, che si interroga su come superare i prossimi quattro anni trumpisti e affrontare la guerra in Ucraina senza fratturare ulteriormente l’unione. Le Monde invita i dirigenti europei a prendere finalmente atto che bisogna imparare a camminare da soli, fare il lutto dell’alleato americano. Un compito impossibile, a giudicare dalle dichiarazioni dei politici, in particolare quelli tedeschi, che ribadiscono, tra inquietudine e incertezza, la loro volontà di rimanere partner affidabili degli Stati Uniti. Anche perché, come sottolinea lo spagnolo El Pais, il ritorno del repubblicano alla Casa Bianca non avrà solo implicazioni pesanti sulla sicurezza dell’Unione, ma rischia anche di rinforzare le estreme destre populiste e contribuire alla fratturazione interna di diversi paesi europei.

(di Luisa Nannipieri)

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    Negli uffici immigrazione svolgono un ruolo ritenuto essenziale, un contratto stabile però non l’hanno mai visto. Anzi ora rischiano di veder scadere pure quello che avevano. Lavoratrici e lavoratori in somministrazione di prefetture e questure sanno in quali paradossi si può finire quando a creare precarietà è lo stesso Stato: ogni giorno puoi trovarti a gestire centinaia di appuntamenti, pratiche lunghe e delicate come il rilascio di un permesso di soggiorno o di una cittadinanza, sapere che nessuno farebbe quel lavoro al posto tuo, eppure non avere la certezza di ricevere uno stipendio tra pochi mesi. Ora le agenzie per il lavoro Adecco e Randstad non hanno intenzione di prorogare i loro contratti, in scadenza la prossima settimana. Anzi dopo aver vinto 15 mesi fa la gara del ministero dell’Interno con un’offerta al ribasso, hanno presentato un ricorso al Tar perché la proroga tecnica di quella gara non consentirebbe più loro di assorbire i costi di tutti i contratti. In questo pasticcio rischiano di perdere il posto oltre mille persone. Alcune di loro stamattina erano in presidio davanti alla sede milanese di Adecco, vicino a piazzale Udine. Le interviste sono di Luca Parena.

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