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Codogno, l’emergenza è finita

Protezione Civile Codogno

Sembra tutto come prima, ma non lo è“. La frase di una signora che saluta allegramente le amiche al bar dopo tanto tempo, esprime il sentimento comune a Codogno, a distanza di 90 giorni dalla scoperta del paziente 1 che ha fatto del capoluogo della bassa lodigiana, l’ombelico del COVID in Italia.

Alla stazione di prima mattina pochissima gente, qualche decina di passeggeri per ogni convoglio per Milano o Piacenza, la bigliettaia ci dice che erano almeno dieci volte tanto. Ma la vita della cittadina di 16mila abitanti giorno dopo giorno riprende. Oggi è giorno di mercato, ancora limitato ai soli generi alimentari, e i volontari della Protezione Civile prendono la temperatura con i termoscanner e spruzzano il disinfettante sulle mani di chiunque entri al mercato in piazza.

In tutto sono un cinquantina, attivi dai primi giorni, e tra una settimana smetteranno di prestare il loro servizio. I negozi sono quasi tutti aperti, anche se qualcuno ha preferito per precauzione rinviare ai primi di giugno. Alla messa del mattino il parroco, in mascherina, dispensa l’ostia con i guanti nelle mani di una trentina di fedeli.

Quando comincia a piovigginare tra i dehors dei bar nessuno si scompone. Si aprono gli ombrelloni, la riconquista dello spazio pubblico. E si continua a parlare della cassa integrazione che non arriva e delle aziende da far lavorare. La crisi dopo la chiusura.

Che il COVID sia stato scoperto – in un certo senso – qua è per molti una fortuna: “Abbiamo due settimane di vantaggio sugli altri“, dicono, riferendosi alla zona rossa che qui ha anticipato in maniera più restrittiva il resto d’Italia.

I dati ufficiali registrano 212 decessi nel Comune, il doppio del consueto, e ancora una trentina di malati all’ospedale civile, dove oggi c’era una lunga coda di persone chiamate, forse in troppe, al prelievo per il test sierologico. Sono tutti quarantenati o contatti stretti con malati che non sono mai stati tamponati e più che preoccupati, sono increduli che proprio qua li stiano testando solo ora.

Il dibattito sanitario in città oggi è dedicato alla petizione di oltre 7.500 cittadini per la riapertura e il mantenimento del pronto soccorso che è stato trasferito per il COVID a Lodi, ma che era a rischio nei programmi della Regione. L’ospedale serve eccome e adesso guai a chi lo tocca. Anche se i nuovi casi in tutta la Provincia di Lodi ieri erano due.

L’emergenza è finita. “Ma queste due settimane sono decisive“, ci dice il capo dei vigili. E ogni giorno è come essere alla prova generale, di quel qualcosa che tutti ancora chiamano normalità.

Foto dalla pagina Facebook del Comune di Codogno

  • Autore articolo
    Claudio Jampaglia
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    “E’ stato bello rendersi conto che la figura di Woodie Guthrie è ancora molto viva anche fuori dagli Stati Uniti”, racconta Sarah Lee, nipote dell’icona folk americana. “Le problematiche di cui cantava lui ottant’anni fa sono ancora attuali”, riferendosi al tema dell’immigrazione e alla difficile situazione al confine con il Messico. Con la sua musica Woody Guthrie "affrontava un concetto molto basilare di umanità e speranza, ovvero il trattare le persone come persone, aiutandosi a vicenda nei momenti di difficoltà": lo stesso messaggio che ora le Guthrie Family Singers vogliono portare avanti. Ascolta l’intervista di Elisa Graci alle Guthrie Family Singers.

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