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Ci ha lasciato Dario Zigiotto, manager dei grandi della musica italiana, fondatore del Festival di Villa Arconati

Dario Zigiotto

Per avere la misura della qualità di una persona, di quanto ha seminato, nei rapporti personali ancora prima che nella sfera professionale, si possono (anche) passare in rassegna i ricordi e gli attestati che affiorano sui social, la versione moderna di quelli che erano i necrologi sui grandi quotidiani, o l’esercizio letterario degli “obituary”, elzeviri che compaiono su alcune riviste internazionali. Dopo la scomparsa di Dario, pochi si sono esentati dal pubblicare un messaggio.
Non che ne avessimo bisogno, ma il tono, la delicatezza, l’intensità e l’affetto che hanno alimentato le parole spese nei giorni scorsi per accompagnare l’ultimo passo di Dario Zigiotto, sono la conferma più naturale e diretta di una vita spesa con intelligenza, arguzia, passione, nella conoscenza profonda della materia a cui si era dedicato: la musica e le manifestazioni da promuovere, i musicisti e i colleghi, i giornalisti da frequentare, sempre con il sorriso sornione che tutti hanno ben conosciuto.In tanti anni di carriera – un brutto termine, ma Dario Zigiotto la intendeva con la dedizione che si riserva alle cose belle, che richiedono sentimento – si sono susseguiti a lui vicino diversi giganti che non ci sono più, da Fabrizio De Andrè a Enzo Jannacci, con cui condividere pezzi di vita, su e giù dl palco, davanti a un microfono, o meno. Per tutti c’era uno sguardo complice, la ricerca di affinità elettive, il riserbo di chi sa custodire segreti e confidenze.Per una larga parte della sua missione nel campo della musica come mestiere ha operato insieme a un’altra amica cara, Monica Passoni: è lei che nella notte ha avvertito me, e altri. Una di quelle notizie a cui non si imparerà mai a ricevere e a gestire: la lunga malattia, accompagnata con dignità, respingendo le insidie fino all’ultimo. Portava sempre in tasca un nasino rosso da clown, su cui appoggiare un riso ora ironico, ora amaro, sempre sincero. Difficile pensare non rivederti più.

Enzo Gentile

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    Fratellanza e spiritualità, dall’Italia alla Nigeria: Wayloz racconta "We All Suffer"

    È da poco uscito il secondo EP di Wayloz, artista italo-nigeriano che oggi è passato a trovarci a Volume per suonare alcuni brani. “Mentre nel precedente ep ho voluto catturare l’essenza di ciò che ero io con la chitarra in mano, qui c’è molto più spazio per gli arrangiamenti e per altri strumenti musicali”, spiega Wayloz. Tra folk primitivo, altrock, blues e suoni dell’Africa tribale, il disco è un viaggio tra atmosfere desertiche e rurali, che esplora il rapporto con la natura ma non solo: il titolo “We All Suffer” è più che altro un invito a riconoscere una condizione che è di tutti e a “trovare solidarietà e fratellanza con le altre persone”. L'intervista di Elisa Graci e Dario Grande e il MiniLive di Wayloz

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    Errando per Antiche Vie è una grande azione performativa in cui artisti e pubblico percorrono a piedi la distanza che separa Cortina e Milano, tra il 5 e il 16 dicembre, a un mese dall’inizio delle Olimpiadi, per raccontare un territorio incredibile, contraddittorio che per la prima volta viene messo in luce dalle Olimpiadi. Un cammino lungo oltre 250 km, spettacoli teatrali e di danza, letture, pasti di comunità, incontri e dibattiti: un racconto della montagna fatto di sostenibilità, di protagonismo dei territori alpini e prealpini, di chi decide di vivere e lavorare in quota e nei territori periferici, al di là della spettacolarizzazione del momento olimpico. Michele Losi di Campsirago Residenze ha raccontato a Cult tutto il percorso. L'intervista di Ira Rubini.

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