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Dietro la campagna di Sala: Marco Pogliani

Giuseppe Sala non ha ancora detto un sì definitivo alla candidatura per le primarie del centrosinistra, ma la sua squadra sta già lavorando per capire il gradimento tra gli elettori dell’amministratore delegato dell’Expo. E per curare la sua campagna elettorale.

Il deus ex machina di questa campagna è Marco Pogliani. Un consulente della comunicazione con un curriculum di non poco conto: IBM, Olivetti, Mondadori ed Enel, tra gli altri. Dopo quest’ultima esperienza si è messo in proprio fondando una società di consulenza per la comunicazione. In questa veste ha siglato un contratto con City Life nel momento in cui compariva il nome di Salvatore Ligresti fra i principali azionisti. Per agli anni recenti, è stato capo della comunicazione della giunta Moratti nel 2009.

Ha preso il posto di Paolo Glisenti, ex braccio destro della Moratti e fautore del dossier per la candidatura di Milano all’Expo 2015, caduto poi in disgrazia perchè l’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi voleva sbarazzarsene. Pogliani ha avuto un ruolo importante nella nomina di Giuseppe Sala alla direzione del Comune di Milano. Grande suggeritore che ha facilitato è stato Bruno Ermolli, lobbysta, superconsulente, una delle eminenze grigie del potere economico di Milano.

A Palazzo Marino, Sala ha sostituito Antonio Acerbo. Lo stesso Acerbo ha poi seguito il suo successore in via Rovello, ad Expo spa. Per finire, poi, agli arresti domiciliari per corruzione. In Expo, con Sala commissario, Pogliani è stato una presenza costante, anche se ufficialmente non ha avuto un incarico se non come uno dei membri della commissione che ha deciso sulla gara di appalto per il nuovo simbolo di Expo.

Lo si trova a tutte o quasi le conferenze stampa di Sala. Una presenza discreta, però. Nei giorni dell’Expo la sua era sul sito espositivo quotidianamente: partecipava a riunioni dello staff, correggeva quelli che secondo lui erano gli errori nella comunicazione. Cattolico, anzi cattolicissimo a tal punto che qualcuno lo associa all’Opus Dei. Non è certo un reato, ma dà il segno dell’apparato di potere che in questo momento si sta muovendo attorno a Sala. Il Commissario unico è gradito a CL – che vorrebbe far parte della coalizione che lo sostiene – e sostenuto dalle coop rosse. Nel PD Sala troverebbe l’ala ex penatiana a sostenerlo con maggiore forza.

  • Autore articolo
    Michele Crosti
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    Oliviero Ponte di Pino (con Elena Puccinelli) cura l'oceanico programma della 14ª edizione di BookCity che invaderà Milano dal 10 al 16 novembre 2025. Le idee sono il filo conduttore della manifestazione, da sempre dedicata a creare un rapporto diretto fra autori e autrici e pubblico: quattro filoni principali, ispirati ai versi di altrettante poetesse e appuntamenti in ogni angolo della città. Ma ormai Bookcity ha sconfinato in altre città della Lombardia: Como, Cremona, Lodi, Monza, Pavia e Sondrio, con altrettante proposte. Ascolta l'intervista di Ira Rubini a Oliviero Ponte di Pino a Cult.

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    Le politiche pro natalità non funzionano, lo dicono i fatti

    Più che gelo siamo in glaciazione demografica, questione sociale per carità ma soprattutto politica, perché sono governi soprattutto di destra che la predicano, ma le politiche pro-natalità non stanno funzionando, perché sono cambiate le scelte, le prospettive e le possibilità dei nuovi genitori e la loro riduzione numerica è un dato di fatto storico non trasformabile con richiami ai valori della famiglia o con bonus bebè. Alessandra Minello, ricercatrice in Demografia al dipartimento di Scienze statistiche dell’Università di Padova, autrice per Laterza di “Senza figli. Scelte, vincoli e conseguenze della denatalità”) ci propone una lettura più solida di quella del dibattito politico sul tema. “È cambiato il modo in cui diamo valore e cerchiamo soddisfazione nella nostra vita. È una cultura che sta cambiando e parte dalle valutazioni di sé, dalle scelte appunto”. L’intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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    Pubblica di mercoledì 22/10/2025

    Marina Berlusconi, una keynesiana (smemorata) a Segrate. In una lettera al Corriere della Sera di domenica scorsa la presidente di Fininvest e Mondadori ha denunciato lo strapotere mondiale delle Big Tech e ha vantato il sistema regolatorio pubblico vigente in Europa. «Quello delle Big Tech - ha scritto - è un potere che rifiuta le regole. E' concorrenza sleale bella e buona», ha scritto Berlusconi. La presidente Fininvest ha dimenticato la storia dell'impero industriale e finanziario che oggi controlla e guida. Una storia di norme ad personam: dai cosiddetti “decreti Berlusconi” emanati dal governo Craxi nel 1985, alla legge Mammì che certificò il monopolio TV privato, alla legge Gasparri del 2004. Nel suo articolo Marina Berlusconi ha scritto che «l’intreccio tra politica e Big Tech negli Usa è sotto gli occhi di tutti […] questi colossi non sono più solo aziende private, sono attori politici», ha sentenziato Berlusconi rimuovendo il fatto che il suo gruppo è ancora oggi l’azionista di fatto di un partito, oggi al governo, come Forza Italia. Pubblica ha ospitato Stefano Balassone, ex consigliere di amministrazione della Rai, già vice-direttore di Rai Tre, oggi produttore e autore televisivo.

    Pubblica - 22-10-2025

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