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Che cosa è successo oggi? – Mercoledì 30 settembre 2020

Zingaretti - Sondaggi elezioni

Il racconto della giornata di mercoledì 30 settembre 2020 attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19.30, dai dati dell’epidemia in Italia diffusi oggi alle rinnovate tensioni tra il PD e il Movimento 5 Stelle sulle modifiche ai decreti Sicurezza. I preoccupanti numeri di Legambiente sulla qualità dell’aria nelle città italiane e una panoramica dei protocolli anti-COVID in atto nei campionati di calcio europei in caso di positività di più di un giocatore. Aumenta l’intensità del conflitto in Nagorno-Karabakh, enclave armena in Azerbaijan. Infine, i grafici del contagio nelle elaborazioni di Luca Gattuso.

I dati dell’epidemia diffusi oggi

Resta stabile la curva dei contagi da COVID in Italia: 1.851 i nuovi positivi oggi, ma a fronte di un numero maggiore di tamponi, circa 15mila in più di ieri. 19 le vittime nelle ultime 24 ore. In aumento i ricoverati in terapia intensiva, oggi sono 280, contro i 271 di ieri.

Nessuna regione fa registrare zero nuovi casi e la Campania, ancora una volta, è quella con il maggior incremento, con 287 nuovi casi. Seguono il Lazio con 210 nuovi casi e la Lombardia con 201. Secondo l’Osservatorio Nazionale sulla Salute, l’incremento dei casi è in forte crescita soprattutto al Sud. Da giugno a settembre l’incremento in Sardegna, Campania, Lazio e Sicilia è stato tra l’80 e il 150%. Walter Ricciardi, coordinatore dell’Osservatorio sulla salute e consulente del ministro Speranza, ospite questa mattina della nostra trasmissione Prisma:


 

Tensione PD-M5S sui decreti sicurezza

(di Anna Bredice)

Il campanello d’allarme nel PD era suonato qualche giorno fa sentendo le parole di Di Maio: “C’è una discussione politica in corso sulle modifiche, dialogando troveremo una soluzione“, aveva detto. Parole che suonavano strane nel PD, visto che l’accordo per cambiare i Decreti Sicurezza era già stato sottoscritto a luglio e il nuovo decreto era stato già consegnato dalla ministra Lamorgese a Palazzo Chigi, pronto per essere approvato.
Ora una improvvisa frenata da parte dei Cinque Stelle che a Zingaretti non piace per nulla, perché nella nuova agenda che il PD dopo le elezioni regionali vorrebbe dettare un po’ di più rispetto a prima, i decreti sicurezza di Salvini erano al primo posto, anzi sembravano già cosa fatta.
Da fonti del dem l’ostacolo sarebbe la reintroduzione della protezione umanitaria, che era stata cancellata da Salvini, “per noi è inaccettabile che si facciano passi indietro” dicono dal Pd, ma anche lo stesso Zingaretti assicura che “l’accordo c’è e sarà rispettato“.
Nel decreto preparato dalla ministra dell’Interno dopo diverse riunioni nella maggioranza non compare più nel titolo la parole ‘sicurezza’, oltre a rivedere il sistema di accoglienza è previsto l’allargamento delle maglie che consentono di accedere alla protezione umanitaria e poi la possibilità per i richiedenti asilo di iscriversi all’anagrafe comunale e per chi ha diritto alla protezione umanitaria anche quella di svolgere lavori di utilità sociale.
Una revisione dei decreti di Salvini che potrebbe secondo i Cinque Stelle essere andata troppo oltre le richieste di modifica chiesti dal Presidente della Repubblica.
C’è poi un elemento temporale: il Consiglio dei ministri per approvare le nuove norme che poi andranno in Parlamento si dovrebbe tenere domenica, quasi in contemporanea con i 4 giorni di manifestazioni e comizi che Salvini intende fare a Catania in vista del processo a suo carico. Il timore da parte dei grillini, che avevano firmato i decreti sicurezza, è quello di fornirgli un pretesto per cavalcare il tema immigrazione.

Legambiente: 85% delle città italiane sotto la sufficienza per qualità dell’aria

(di Roberto Maggioni)

Sono numeri che fanno spavento quelli del rapporto curato da Legambiente insieme a medici ed epidemiologi. 568 morti in più all’anno nella sola città di Milano imputabili all’inquinamento dei veicoli diesel non a norma, cioè quelli che non rispettano i limiti di emissione di biossido di azoto fissati nelle prove di laboratorio.
Negli scorsi anni stime sui morti a Milano attribuibili allo smog parlavano di meno di 200 decessi l’anno. Quello presentato da Legambiente è al momento lo studio più completo, l’associazione chiede alla politica di bloccare le auto diesel ora.
Milano aveva un progetto ambizioso, quello di bandiere i diesel dalla città entro il 2030, con divieti d’ingresso a scaglioni annuali in base alla categoria. Durante l’emergenza Covid questo piano, Area B, è stato sospeso, insieme ad Area C e alle Ztl. Questi ultimi due provvedimento sono rientrati in funzione a metà giugno, Area B no e al momento -fanno sapere dal Comune- non c’è una data di riattivazione del piano anti diesel, in attesa di ulteriori valutazioni sulla fase che stiamo vivendo. Il Coronavirus sta tenendo a casa molte persone con il telelavoro, molte altre si sono spostate però -per paura del contagio- dai mezzi pubblici all’auto. Dentro Area C, dati di pochi giorni fa, il traffico è tornato ai livelli pre Covid. L’amministrazione sta disegnando 30 nuovi chilometri di piste ciclabili incentivando l’uso di biciclette e monopattini, ma i numeri di oggi impongono di pensare a città libere dai diesel.

Calcio e COVID-19. Come si spiega il caso del Genoa?

14 tra giocatori e membri dello staff del Genoa Calcio sono risultati positivi al COVID-19 pochi giorni dopo aver ricevuto l’esito negativo dal tampone. Il professor Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, si affrettato a parlare di “Waterloo dei tamponi e anche il professor Galli dell’Ospedale Sacco di Milano si è detto dubbioso sulla vicenda.
Come si spiega il caso del Genoa e i tamponi per COVID negativi e poi positivi? Ne abbiamo parlato con la professoressa Antonella D’Arminio Monforte, primario di infettivologia presso l’ASST Santi Paolo e Carlo di Milano. [LEGGI L’INTERVISTA]

Cosa succede negli altri campionati di calcio europei

(di Valerio Sforna)

Cosa succede nei principali campionati europei in caso di positività di più giocatori della stessa squadra al COVID-19? Partiamo dalla UEFA che prevede un protocollo valido per le partite delle nazionali maggiori e Under 21. Nel caso di positività multipla la squadra deve avere almeno 13 giocatori, 12 di movimento e 1 portiere, negativi al virus. In caso di numero minore la partita è rinviata e riprogrammata.
La Spagna ha delle regole simili. Nel caso di contagio multiplo la squadra deve avere almeno 13 giocatori, 5 dei quali della prima squadra, negativi ai test. In Liga è, inoltre, possibile chiedere il rinvio di una sola partita, ma non oltre la 30esima giornata. Nel caso in cui una squadra non arrivasse per la seconda volta a 13 giocatori perderà la partita a tavolino.
In Premier servono almeno 14 giocatori negativi. Nel caso in cui una squadra, che con la primavera arriva a 14 giocatori, si rifiuti di scendere in campo, la federazione nominerà una giuria indipendente che valuterà la sanzione da adottare. Si va da un minimo di una multa a un massimo della detrazione di punti in classifica.
Anche in Francia c’è un protocollo. In caso di contagi multipli il team deve avere almeno 20 giocatori negativi ai test, portiere compreso. Il record in Ligue 1 è quello del Psg, con 7 positivi contro il Lens.
In Germania non è previsto, come in Italia, un numero minimo. Tamponi a raffica e isolamento del solo positivo sono le linee guida. Eventuali rinvii verranno decisi, caso per caso, dalle autorità sanitarie locali, anche in base all’andamento della curva epidemiologica.

Aumenta l’intensità del conflitto in Nagorno-Karabakh

(di Emanuele Valenti)

L’intensità del conflitto in Nagorno-Karabakh, enclave armena in Azerbaijan, continua ad aumentare. Quest’ultima crisi, cominciata domenica scorsa, è sicuramente la più importante dal cessate il fuoco del 1994. Entrambe le parti, probabilmente anche per il supporto esterno, non sembrano intenzionate, al momento, a fare un passo indietro. In sostanza non ci sono ancora segnali di miglioramento, tanto a livello regionale quanto a livello internazionale.
Il presidente azero, Aliyev, ha precisato che i combattimenti finiranno solo quando i militari armeni lasceranno il territorio dell’Azerbaijan, lasciando intendere che dopo parecchi anni Baku potrebbe anche tentare di riprendere il controllo del Nagorno-Karabakh.
Entrambe le parti continuano poi a recitare il ruolo di chi ha subito un’aggressione. Non è ancora chiaro cosa sia successo domenica scorsa, sta di fatto che i due governi denunciano di essere stati attaccati e di aver semplicemente risposto al fuoco. Il muro contro muro si rispecchia anche, come dicevamo prima, in un complesso quadro regionale e internazionale.
Come era già successo nelle scorse settimane per la contesa nel Mediterraneo Orientale lo scontro più esplicito è quello tra la Turchia, storica alleata dell’Azerbaijan, e la Francia, il paese europeo che sta assumendo la posizione più netta a difesa dell’Armenia.
Ankara ha ribadito ancora oggi che è pronta a tutto pur di difendere gli azeri. In queste ore sono oltretutto aumentati anche i resoconti di stampa che parlano dell’invio di diversi miliziani siriani nel Caucaso, al fianco dell’Azerbaijan. Macron, da parte sua, ha criticato duramente la strategia di Erdogan.
L’Armenia ha una alleanza militare con la Russia. Il gioco della alleanze nel Nagorno-Karabakh, con tutte le differenze del caso, potrebbe ricalcare quello in Siria, con russi e turchi su due fronti opposti. Nessuno sembra però avere interesse ad arrivare a un vero conflitto aperto.
Mosca, che in questi giorni come da tradizione ha tenuto un profilo molto basso, si è offerta per ospitare le due parti e facilitare un negoziato. Lo ha detto il ministro degli esteri Lavrov. Probabile che la diplomazia russa possa far scendere la tensione.
Da ricordare, a proposito, che solo nei giorni scorsi Macron, parlando della Bielorussia, si era schierato con l’opposizione anti-Lukashenko ma aveva anche ribadito la necessità di dialogare con Mosca per mantenere la pace in Europa. E il Caucaso, hub importante per il mercato energetico, non è poi così lontano dall’Europa.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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    Una terza via sui manicomi, dopo la loro chiusura stabilita dalla legge Basaglia. È quella che ha invocato il ministro dell’Interno Piantedosi, commentando l’accoltellamento della donna a Milano per mano di un uomo con problemi psichiatrici. Il capo del Viminale ha detto che il caso richiama l’attenzione sul tema, evocando di fatto la riapertura di strutture simili ai manicomi. “Credo vada riconsiderata una terza via con trattamenti delle persone che garantiscano la sicurezza dei cittadini”, ha spiegato Piantedosi in tv. La maggioranza nei mesi scorsi aveva già provato a mettere mano con una riforma alla legge Basaglia. Ma non è la legge 180 ad aver creato insicurezza e abbandono, bensì il definanziamento della sanità pubblica. Come spiega Massimo Cirri, psicologo e conduttore radiofonico.

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