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Cartoline da Limón, il primo graphic novel di Edo Brenes

Cartoline da Limón è il primo graphic novel dell’autore costaricano Edo Brènes. Nato come un racconto breve basato sui ricordi degli anziani parenti di Puerto Limón, si è trasformato rapidamente in una saga familiare che lega i destini di tre generazioni, da inizio 900 ai giorni nostri. Un delicato romanzo sulla memoria e sui segreti di famiglia che si sfoglia con piacere e curiosità dalla prima all’ultima pagina.
La storia, che mescola abilmente elementi autobiografici e aneddoti reali a fatti inventati di sana pianta, racconta l’indagine di un giovane studente che vive a Londra e torna in Costa Rica per intervistare i vecchi parenti, cercando spunti per scrivere un libro sulla sua famiglia. Grazie anche ad una montagna di vecchie fotografie scovate in scatoloni e album di famiglia, riesce a raccogliere racconti divertenti (come quello di un furto di galline) e più o meno malinconici, tracciando un affresco intricato della vita a Limón ben prima della sua nascita. Dai quartieri dei ricchi impiegati della United Fruit Company, allo stadio di calcio, ai sentieri lussureggianti da percorrere in biciletta alle splendide spiagge caraibiche, lo stesso Puerto Limón, che per l’autore è il luogo idealizzato delle origini, a cui tutti i suoi parenti si sono sempre sentiti legati, diventa uno dei numerosi protagonisti di questo romanzo. Un personaggio fondamentale, che incide persino sulle scelte cromatiche.
Il racconto si snoda tra il presente del giovane detective, le vecchie foto che ritmano le conversazioni e i flash-back del passato in cui vivevano i suoi nonni. Per agevolare la lettura dei diversi piani cronologici, Brènes ha lavorato sul colore, appunto. Inizialmente aveva pensato al seppia, un classico per il passato, ma si è accorto che era una tonalità troppo estranea ad una città come Limón, dove fa sempre bello e i paesaggi non sono slavati nemmeno quando piove. Ha quindi scelto il giallo, il verde e l’arancione per i tempi andati e ha optato per uno spettro complementare – rosso, blu e viola – per il presente. Una palette che riprende anche per le foto, desaturandola e rendendo i preziosi ricordi catturati dall’obiettivo ancora più delicati ed affettuosi.
Il fumettista ha anche lavorato pazientemente sulla tipografia, creando uno stile preciso per ogni personaggio. Dando vita a un romanzo corale, interamente ritmato dai dialoghi e senza nemmeno una voce fuori campo, diventa essenziale permettere al lettore di sapere immediatamente chi sta parlando. In questo caso, i caratteri tipografici evocano anche la personalità di chi parla e per Brènes questa è una cosa fondamentale: è grazie ai racconti dei personaggi e alle loro reazioni agli eventi, che non vengono quasi mai mostrati attraverso l’azione, che la storia va avanti. Con indolenza e dolcezza – sottolineata dal disegno sottile, pulito ed elegante caratteristico della linea chiara. Ma anche incarnandosi attraverso chi, testimone del passato, lo ricorda e lo rievoca. Facendo inavvertitamente riaffiorare delle verità nascoste.

Cartoline da Limón, di Edo Brenes . 272 pagine a colori, Bao Publishing, 23 euro.

  • Autore articolo
    Luisa Nannipieri
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    Nel giorno mondiale contro la violenza sulle donne, raccontiamo con Cristina Carelli, presidente di D.i.Re Donne in Rete contro la violenza, i centri antiviolenza, oltre 110 in Italia con differenze però tra Nord e Sud, con quasi 4mila operatrici in stragrande maggioranza volontarie e quasi 30mila donne “ascoltate” all’anno. “Siamo realtà aperte e sempre presenti, le donne arrivano da noi spesso senza appuntamento e si rivolgono a noi quasi sempre liberamente - spiega Carelli - perché il presupposto del nostro intervento è la libertà di scelta della donna, lo sottolineiamo perché è in corso un tentativo di trasformarci in realtà di servizio e per imporre alle donne dei percorsi standardizzati, più istituzionali e di sistema, e non costruiti per ciascuna partendo dal consenso e dalla libera scelta di ogni donna”. Sottofinanziamento, soluzioni solo punitive, negazione della dimensione politica e culturale della prevenzione, la frontiera è sempre la società. Se sono le famiglie a decidere cosa è giusto o meno per l’educazione sessuale, stiamo riproponendo il problema. “Chiediamo al governo di essere coerente: bisogna lavorare sul fronte della cultura e della prevenzione”. La violenza non è solo un atto individuale, ma è resa possibile da scelte politiche e culturali che limitano la libertà delle donne, scrive Di.Re nella campagna “Tutto nella norma” che potete trovare sul sito: direcontrolaviolenza.it

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