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Lavoro per i richiedenti asilo?

La proposta di impiegare stabilmente i richiedenti asilo in lavori socialmente utili fa discutere: ancora troppo vaghe le modalità della proposta del Capo del dipartimento immigrazione del ministero dell’interno, il prefetto Mario Morcone, per ora espressa solo in un’intervista.

Anche perché non si tratta di un fatto nuovo: sono centinaia, se non migliaia, i progetti di integrazione presenti sul territorio, dove i profughi svolgono piccoli lavori di volontariato con e per le comunità dove sono ospitati.

Sono per lo più esempi virtuosi, che hanno l’obbiettivo di non lasciare tutto il giorno le persone chiuse nelle strutture, e farle uscire dall’ombra, renderle visibili ai cittadini, superare gli steccati e la paura: manutenzione di giardini e verde, pulizia delle strade, piccoli aiuti agli anziani.

Dal nord al sud d’Italia sono soprattutto le associazioni ad occuparsene, sulla base di protocolli stilati con gli enti locali. La proposta di Morcone, da quel che se ne può dedurre, sembra voler rendere strutturale questo quadro, con una gestione diretta degli enti pubblici ed una vera e propria retribuzione per i richiedenti asilo. Ed è questo a destare perplessità.

“Non può e non deve diventare una sostituzione di manodopera a basso costo” sottolinea Alice Moggi, assessora ai servizi sociali del comune di Pavia. “Si rischia di creare una concorrenza al ribasso ed una discriminazione”, sottolinea Fulvio Vassallo Paleogo, dell’associazione studi giuridici sull’immigrazione, secondo cui l’obbiettivo deve essere “rendere autonomi i richiedenti asilo, e non cronicizzare l’assistenzialismo”.

“Anche sul nostro territorio sono molto diffuse – spiega Moggi – gestite come volontariato dalle associazioni, ed è la forma che permette di restare nella legalità. Sono attività che servono soprattutto a prendersi cura del bene pubblico, utili all’inserimento sociale delle persone, Il limite alla loro diffusione è proprio perché non è ben chiaro cosa si può fare e cosa no. In questo senso, l’indicazione di incentivare queste attività può essere utile. Ma se sono i comuni a doverlo fare, il dipartimento deve anche dirci come e investire risorse che non possono ricadere solo sui comuni”.

“Devono restare lavori di inserimento sociale – continua Moggi – noi abbiamo già, ad esempio, chi gestisce il verde pubblico, attraverso appalti. Per questo vanno messi dei paletti molto chiari, devono essere attività aggiuntive e non sostitutive, altrimenti si corre il rischio che diventi concorrenza e sostituzione di lavoro a basso costo”.

Per Fulvio Vassallo Paleologo il problema nasce proprio nel momento in cui, da attività sociali in piccole realtà, il lavoro dei profughi diventa un elemento di sistema su vasta scala, sul quale non può esserci discriminazione rispetto alle condizioni di lavoro degli altri cittadini. “Altrimenti – conclude il giurista – resta solo argomento buono su cui fare propaganda politica.”

  • Autore articolo
    Massimo Alberti
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    A Milano si torna a parlare di sicurezza stradale dopo gli ultimi tre investimenti di pedoni che si sono verificati in città. Un uomo di 87 anni è morto dopo essere stato investito sulle strisce pedonali da un furgone guidato da una persona che non si è fermata a prestare soccorso, un ragazzo di 12 anni è in coma colpito in zona Vigentina e un altro di 9 anni è ricoverato non in pericolo di vita per un investimento nella zona di piazza Durante. Oggi i giornalisti hanno chiesto al sindaco Beppe Sala perché Milano non prende provvedimenti per moderare la velocità dei mezzi a motore in città, provvedimenti come la Città 30, attiva a Bologna e Lodi ad esempio. “È difficile farla passare per le norme nazionali, è molto complesso. Noi andremo avanti per completare il percorso intorno alle scuole poi credo sia un tema che dovrà affrontare chi mi succederà”, ha detto Sala. “Parole irricevibili”, replica il responsabile trasporti di Legambiente Lombardia Federico Del Prete, intervistato da Roberto Maggioni

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    “Discordia, Armonia e Altri Stati D’Animo” è il decimo album di Mecna, rapper pugliese che continua la sua evoluzione portando nei suoi brani una consapevolezza tutta nuova. “Mi sono preso più tempo perchè volevo un disco che mi accontentasse al cento per cento” racconta il rapper ai microfoni di Radio Popolare, spiegando che il nuovo lavoro esplora l’età adulta attraverso la lente delle relazioni e dei suoi stati d’animo. Dal rapporto con il passato fino alle tematiche e alle influenze del disco: l’intervista di Matteo Villaci a Mecna.

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