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La storia di Brit Marling e la seconda stagione di The OA

brit marling - the OA

Questa è la storia di una donna di nome Brit. Nata a Chicago nel 1982, da ragazzina sogna di fare l’attrice, ma i suoi genitori – anche considerati i suoi eccellenti risultati scolastici – la convincono ad andare all’università, alla prestigiosa Georgetown, e studiare, oltre che arte, economia. Si laurea prima nel suo corso e fila direttamente a fare un ambitissimo stage da analista finanziaria a Goldman Sachs, che alla fine dello stesso le offre subito un impiego. È qui che la strada di Brit devia dal percorso prestabilito, se mai ne esiste uno: rifiuta la proposta lavorativa, e parte per Cuba con il compagno di studi Mike Cahill.

Sull’isola caraibica, insieme, girano un documentario intitolato Boxers and Ballerinas. Poi si trasferiscono a Los Angeles, dove Brit riprende il suo vecchio sogno d’attrice: ma nemmeno in questo caso l’offerta le va a genio, sono tutti ruoli da “fidanzata del protagonista” o “vittima di violenza”, quelle che lei definisce “le parti standard per le giovani attrici”, specialmente se bionde, longilinee e dagli occhi azzurri come lei. Per qualche tempo, Brit e un altro suo amico e frequente collaboratore, Zal Batmanglij, conducono un’esistenza da beatnik d’altri tempi: attraversano l’America prendendo al volo treni merci, lavorano stagionalmente nelle fattorie, si uniscono a un gruppo di freegan, attivisti vegani che provano a vivere consumando solo gli scarti altrui per ridurre gli sprechi.

Il nuovo punto di svolta è il Sundance Film Festival 2011, dove Brit è protagonista e co-sceneggiatrice di ben due film, Sound of My Voice diretto dall’amico Zal Batmanglij, e Another Earth, diretto dall’altro amico, Mike Cahill, entrambi molto apprezzati dagli spettatori del festival. Nel 2013, nuovamente, è co-autrice e protagonista di The East: in pratica, visto che nessuno le offre i ruoli che cerca, Brit se li scrive da sé. A dicembre 2016, la terza svolta: su Netflix appare, quasi in sordina, la prima stagione di una serie intitolata The OA e destinata a far parlare moltissimo di sé. Protagonista, ancora Brit, che di cognome fa Marling, ed è anche co-autrice con il fido Batmanglij: interpreta una misteriosa giovane donna di nome Prairie (come “prateria”), che dopo essere sparita per sette anni, ricompare nella cittadina di provincia dov’è cresciuta. Prima era cieca, ora vede: sceglie alcune persone, solo apparentemente a caso, e le invita la sera, in una casa in costruzione, ad ascoltare una storia, che lei racconta ad alta voce attorno a un metaforico focolare.

È difficile dire di cosa parli davvero The OA, che passa in un lampo dallo spiritualismo alla fantascienza, dal thriller al teatrodanza, dal feuilleton al dramma sociale, e sperimenta con tutta la libertà concessa da Netflix, con episodi di durata estremamente variabile, misteri difficilissimi da decifrare, linee narrative incastrate l’una dentro l’altra come scatole cinesi. O universi paralleli, come nella seconda stagione che, dopo lunga attesa, è approdata sempre su Netflix lo scorso 22 marzo, e che, proprio come la prima, sta dividendo il pubblico e la critica tra adoranti adepti, felici di farsi incantare dalla magia del racconto di Brit Marling, e infastiditi detrattori, pronti a denunciare quello che può pure essere anche un grande bluff. Anche solo per questo, però, The OA resta prima di tutto un grande canto al potere dell’affabulazione e della fantasia: la storia testarda di una giovane donna che sa come far diventare veri i sogni, semplicemente raccontandoli.

  • Autore articolo
    Alice Cucchetti
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    In Etiopia inaugurata la diga della discordia

    Il 9 settembre, dopo 14 anni di lavori, l’Etiopia ha inaugurato ufficialmente la Gerd, la Grand Ethiopian Renaissance Dam, il più grande progetto idroelettrico d'Africa, e tra i 20 più grandi al mondo. Da anni la diga è anche causa di tensione con i paesi a valle del Nilo: Sudan e soprattutto Egitto, che temono di vedere ridotte le proprie risorse idriche, anche in considerazione dei sempre più frequenti periodi di siccità. “Questa diga sarà certamente uno degli epicentri di tensione di questa regione nel prossimo futuro” spiega Luca Puddu, docente di storia dell’Africa all'Università di Palermo, al microfono di Sara Milanese. Ascolta l’intervista andata in onda in A come Africa.

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