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Contro il golpe di Michel Temer

In centomila per dire no al governo ad interim di Michel Temer, l’attuale Presidente della Repubblica subentrato a Dilma Rousseff un mese fa, in seguito alla messa in stato d’accusa del Parlamento brasiliano. Il paese si divide: per alcuni è un impeachment legittimo, per altri un colpo di stato mascherato. A São Paulo, sull’Avenida Paulista, le forze di sinistra si ritrovano per la prima grande manifestazione contro Temer. Sul palco, allestito davanti al museo Masp, sale anche Lula, l’ex presidente che gode ancora di grande consenso presso gli elettori del Partido dos Trabalhadores.

«Più mi provocano e più corrono il rischio che sia candidato alle prossime elezioni», tuona l’ex sindacalista. Circa metà dell’Avenida, cuore pulsante della megalopoli e simbolo della finanza nazionale, viene chiusa nel pomeriggio. L’evento è organizzato dal Frente Brasil Popular e dal Frente Povo sem Medo, ma partecipano attivamente anche i sindacati dei professori e degli agricoltori. I volontari del CUT (Central Única dos Trabalhadores) occupano la pista ciclabile per distribuire bandiere e cappellini rossi.

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Non tutti, però, sono in strada perché appartenenti a un movimento. Alcuni sentono semplicemente un disagio, una sensazione «di aver perso dei diritti», come spiegano Sara, studentessa di 27 anni, e Felipe, receptionist di 24: «Non possiamo restare a casa solo postando il nostro dissenso su Facebook; bisogna esserci. Qui è in atto un golpe, ci stanno togliendo i nostri diritti fondamentali. La classe medio-alta non si preoccupa di coloro che vivono una situazione di povertà, ma si tratta della maggioranza del Paese. Non ce lo possiamo dimenticare!», spiega Sara.

Il PT, però, non può essere visto come un partito immacolato. Gli scandali di corruzione l’hanno fiaccato pesantemente, mentre la comunicazione con i cittadini è stata mal gestita. Questa stasi potrebbe servire per una riflessione autocritica. «Sì, l’errore del governo Rousseff è stato allearsi con partiti della bancada evangelica, con forze centriste che nulla hanno a che vedere con la sinistra. Il problema semmai nasce dalla mancanza di governabilità, servirebbe una riforma politica prima d’indire nuove elezioni», confermano i giovani brasiliani. Alcuni, però, sfidano il freddo paulista per spezzare il paradigma che associa le forze religiose a quelle conservatrici di centro-destra. Un gruppo di ragazzi, distanti dal palco, sostiene una fascia con la scritta «Religiosas/os pela Democracia! #NãoVaiTerGolpe» (Religiose/osi per la democrazia! #NonCiSaràUnGolpe, ndt).

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Manoel ci espone le loro rivendicazioni: «Non possiamo lasciare che la religione sia utilizzata come strumento elettorale. Siamo qui per dire che anche protestanti, cattolici, induisti e spiritisti sono in favore dello Stato democratico. Allontanare Dilma è stato un colpo di stato». Nel frattempo, Rodrigo Janot, Procuratore Generale della Repubblica, ha chiesto alla Corte Suprema che Lula sia giudicato da Sergio Moro, il magistrato autore della mega operazione anti-corruzione Lava-Jato, più volte rinominata come la «mani pulite brasiliana». L’ex-presidente potrebbe perdere il foro privilegiato, essendo accusato di aver ricevuto favori da imprese costruttrici. Secondo Luiz Fernando, artista di 45 anni, però, Lula rimane «la persona giusta» per guidare il paese nel futuro. Lo incontriamo mentre sta bruciando l’immagine di Gilmar Mendes, ministro della Corte Suprema e del Tribunale Superiore Elettorale.

«Il nostro problema è la stampa. Non penso che al Mondo esista un’informazione così faziosa. Si preoccupano di mostrare solo un lato della medaglia, mentre il marcio delle altre forze politiche viene tenuto nascosto. Sento un profondo disgusto, perché i cittadini non possono informarsi liberamente. È una stampa manipolatrice». Dopo tre ore abbondanti di attesa, Lula si presenta al pubblico paulista. «Temer sa di non aver agito correttamente, è un avvocato. Lo sa benissimo». Poi non si unisce al coro di «Fuori Temer» per ragioni politiche, trattandosi comunque del Presidente della Repubblica. «Ho 70 anni, ma sto meglio di quando ne avevo 50 e con la vitalità dei 30». La prima manifestazione nazionale si conclude pacificamente. Secondo gli organizzatori erano presenti 100.000 persone, mentre la Polizia Militare non ha diffuso dati in merito. In altre 35 città brasiliane si sono registrati atti di protesta, così come in alcune capitali estere.

  • Autore articolo
    Alfredo Spalla
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    “Ho sempre pensato che quella di Aldo, Giovanni e Giacomo fosse una favola. La loro vita artistica, che io ho seguito come assistente alla regia nei film di Massimo Venier, è sempre stata caratterizzata da rifiuti e invece hanno fatto di tutto e con grande successo, grazie alla loro determinazione”. E’ per questo motivo che Sophie Chiarello, già regista di “Il Cerchio”, ha voluto esplorare le vite del trio a partire dalla loro infanzia. “Erano tre ragazzini un po' 'sfigati' – come si autodefiniscono - che per provenienza sociale avevano un destino già scritto”. Sono loro a raccontarsi, a sfogliare le foto dell’infanzia e a percorrere la Milano di una volta, proletaria e in bianco e nero. Un ritratto personale, divertente, con le voci di chi li ha accompagnati in tutti questi anni da Paolo Rossi, Marina Massironi, alla Gialappa’s Band. “Attitudini: nessuna” è stato realizzato in diversi momenti con un percorso frammentato che punteggia la carriera artistica del trio tra cabaret, teatro, cinema e televisione. Ascolta l'intervista di Barbara Sorrentini a Sophie Chiarello, regista di “Attitudini: nessuna”.

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