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Brasile, due anni di scandalo Petrobras

21L’inchiesta Lava Jato (in italiano “autolavaggio”), è iniziata esattamente due anni fa, nel marzo 2014. In 24 mesi ha letteralmente sconvolto la politica brasiliana. Le indagini hanno messo a nudo un vasto sistema di corruzione di quasi 2 miliardi e mezzo di euro, che coinvolge i vertici della Petrobras, la compagnia petrolifera di stato, le più grandi aziende brasiliane per le costruzioni e i lavori pubblici (BPT, di cui fanno parte: Camargo Corrêa, Oas, Utc-Constram, Odebrecht, Mendes Júnior, Engevix, Queiroz Galvão, Iesa Óleo & Gás e Galvão Engenharia), nonché politici di vari schieramenti, molti appartenenti al PT, il Partido dos trabalhadores di Lula e dell’ attuale presidente, Dilma Roussef.

La Petrobras, fondata nel 1953, è una delle più grandi società al mondo del settore petrolifero; è stata una delle principali colonne portanti dell’economia brasiliana, e uno dei simboli della crescita economica del Paese, soprattutto dopo la scoperta, una decina di anni fa, dei nuovi giacimenti sia di greggio che di gas al largo delle coste brasiliane. Oggi lo scenario è completamente cambiato: da una delle principali fonte di entrata economica, la Petrobras è diventata il simbolo della corruzione endemica brasiliana.

Gli ex dirigenti dell’azienda, alcuni dei quali sono già in carcere, sono accusati di aver gonfiato dall’1 al 3 per cento del loro valore contratti da centinaia di milioni di dollari con le società di costruzioni, per realizzare le infrastrutture petrolifere al largo delle coste brasiliane. In cambio, i partiti che fanno parte della coalizione di governo, avrebbero ricevuto tangenti e finanziamenti illeciti.

Il PT è al potere in Brasile dal 2003, ed è su questo partito che ricade la responsabilità più grossa, ma tra i corrotti ci sono membri di vari partiti della coalizione al governo, e anche dell’opposizione. Ad onore di cronaca il partito più coinvolto è il PP, il Partido Progressista, di destra e all’opposizione, con almeno 27 membri sotto inchiesta. In tutto, sono oltre 60 i politici accusati di far parte del “sistema Petrobras”. E l’inchiesta non è ancora chiusa.

Arresti eccellenti

Alcuni dei principali rei confessi sono già in carcere: per esempio l’ex manager di Petrobras, Paulo Roberto Costa, con il cui arresto di fatto è iniziata l’operazione Lava Jato, e che è già stato condannato a sette anni e mezzo; o l’imprenditore Alberto Youssef, il primo a fare i nomi di Lula e Dilma, accusandoli di essere stati a conoscenza del sistema di tangenti. Finora però non ci sono le prove di queste accuse.
Marcelo Odebrecht, altro imprenditore chiave dell’inchiesta, è in arresto dal giugno 2015, non ha collaborato alle indagini e la settimana scorsa è stato condannato a 19 anni di carcere per corruzione, riciclaggio e associazione a delinquere. Ora, forse, potrebbe decidersi a parlare, svelando nuovi nomi coinvolti nel sistema di tangenti.

Tra i politici, il primo pezzo davvero grosso finito nella rete degli inquirenti è stato Joao Vaccari, tesoriere del partito dei lavoratori, arrestato lo scorso aprile; altro nome illustre è quello di Fernando Collor de Mello, ex presidente e attuale senatore di uno dei partiti della coalizione di governo, il Partido Laborista. Nell’agosto 2015 è stato accusato di corruzione anche il presidente del Camera Eduardo Cunha, membro di un altro dei partiti di coalizione di governo, il PMDB (Partito del Movimento Democratico Brasiliano). È accusato di aver ricevuto tangenti per 5 milioni di dollari per autorizzare concessioni petrolifere e appalti, e la corte suprema brasiliana ha deciso due settimane fa che sarà processato.

Arriviamo al più recente coinvolgimento di Lula da Silva: direttamente non risulta indagato per lo scandalo Petrobras. L’indagine che lo riguarda gli attribuisce la proprietà di un super attico sull’oceano al centro di una truffa, del quale l’ex presidente operaio nega ogni addebito. Nel caso sono coinvolte alcune delle imprese costruttrici finite nel mirino degli inquirenti per Lava Jato.

La crisi di Petrobras

Il danno causato dallo scandalo Lava Jato ai conti di Petrobras ha già superato i 2 miliardi di dollari, e si somma al calo del prezzo del petrolio che sta mettendo in crisi tutto il settore. I conti di Petrobras sono in rosso, e oltre ai tagli agli investimenti, cominciano già ad arrivare revisioni al ribasso dei target di produzione. I lavoratori dell’azienda hanno scioperato più volte nell’ultimo periodo, preoccupati anche per il mantenimento dei loro posti di lavoro. La ripercussioni economiche su tutto il Paese potrebbe anche aumentare: negli Usa, Petrobras dovrà affrontare una class action intentata dagli investitori statunitensi su 98 miliardi di dollari di azioni emesse negli Stati Uniti dal 2010 al 2014. Le accuse sono pesantissime: aver falsificato i documenti contenenti il valore delle azioni e delle attività obbligazionarie, e sono chiamati in causa come accusati anche gli istituti di credito brasiliani ed internazionali che hanno gestito la vendita delle azioni.

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    Sara Milanese
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    Gran Bretagna e Germania, i grandi malati d'Europa. Il primo ministro britannico Starmer e il cancelliere tedesco Merz sono entrambi proiettati in una rincorsa della destra estrema. Il laburista britannico Starmer, due settimane fa: «restauriamo ordine e controllo», titolo di un documento presentato alla Camera dei Comuni. Il democristiano tedesco Merz: ci vogliono «controlli ai confini e respingimenti» perchè «l’immigrazione ha un impatto sul paesaggio urbano». Proprio così. Germania e Gran Bretagna, due potenze economiche mondiali: la Germania (80 milioni di abitanti) con il terzo pil del mondo (dopo Stati Uniti e Cina); il Regno Unito (con 60 milioni di abitanti) con il sesto pil mondiale (dopo la Germania c’è il Giappone e l’India e poi il Regno Unito). La “malattia” (la rincorsa ad essere a volte più a destra delle destre) rischia di cambiare i connotati a tradizioni politiche europee centenarie: come il laburismo britannico, il popolarismo democristiano tedesco insieme alla socialdemocrazia, sempre in Germania. Pesa, inoltre, un discorso pubblico sempre più contaminato da un lessico guerresco. Che danni può provocare questa “malattia” in due paesi fondamentali del continente europeo? Pubblica ha ospitato la storica Marzia Maccaferri (Queen Mary, University of London) e il giornalista Michael Braun (corrispondente da Roma del berlinese Tageszeitung).

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    Trattandosi di un film horror si può raccontare poco. Ferine di Andrea Corsini si sviluppa intorno ad Irene, una donna che desidera una figlia ma nello stesso tempo è costretta a difendersi da chi la ostacola. In seguito a un incidente, la donna va in cerca di sangue per sopravvivere. Il tutto si svolge in un paesaggio vuoto e deprimente: “Cercavo una provincia in cui si respirasse solitudine e isolamento, come la villa di architettura brutalista e il centro commerciale esternamente vuoto. Il cemento da una parte e dall’altra le zone boschive, in cui si scatena l’aspetto selvaggio della storia”. Spiega Corsini, che nel film ha ricreato delle atmosfere che ogni tanto ricordano David Lynch, accompagnate dalla musica di Pino Donaggio: “È sempre stato il mio sogno, ma non avrei mai pensato di riuscirci. Non ho dovuto dirgli quasi niente per arrivare a questo risultato”. Un film prevalentemente femminile, con attrici internazionali che recitano in inglese e in cui gli uomini hanno soltanto parti in secondo piano. L'intervista di Barbara Sorrentini ad Andrea Corsini.

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    Paolo Bergamaschi, già Consigliere Politico Commissione Esteri Parlamento Europeo, analizza lo scontro Europa-Russia, tra minacce e timidi segnali di dialogo. Francesco Vignarca, ricercatore e analista della Rete Pace e Disarmo, racconta l'impatto del piano di riarmo sulla politica dell'Unione, trainato dall'industria e soprattutto dalla finanza. Le mobilitazioni dei lavoratori dell'Ilva non si fermeranno finché i patti non saranno rispettati, perché nessuno comprerà gli stabilimenti se non ci saranno prima degli interventi, come ci spiega Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia della Fiom-Cgil. Giulia Riva giornalista e nostra collaboratrice racconta la giornata internazionale delle persone con disabilità a partire dai dati sul lavoro dove le donne con disabilità sono ancora più penalizzate degli uomini (mentre in Lombardia le aziende preferiscono pagare 82 milioni di multe che assumere persone dalle categorie protette) e poi da atleta paralimpica lancia una sfida alla città di Milano che il lascito delle Olimpiadi invernali in partenza a febbraio sia almeno concretamente utile.

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