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Ballando con l’apocalisse: intervista al sociologo Andrea Fontana

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Andrea Fontana - Ballando con l'Apocalisse

Andrea Fontana, sociologo della comunicazione e dei media narrativi, ha da poco pubblicato il suo ultimo libro, “Ballando con l’apocalisse: I nuovi cittadini, i nuovi brand, i nuovi mondi nell’era dei cambiamenti catastrofici“, edito da ROI edizioni ed uscito in libreria lo scorso 5 febbraio, quando la situazione di emergenza che stiamo vivendo ormai da un mese non era neanche immaginabile.

Ne abbiamo parlato con l’autore alla luce della pandemia che ha colpito il Mondo e che ha portato e sta portando una serie di rapidi cambiamenti con cui inevitabilmente bisogna scendere a patti.

L’intervista di Barbara Sorrentini a Cult.

L’apocalisse dei giorni nostri di cui parli nel libro è il cambiamento climatico

Sì, diciamo che l’apocalisse non è intesa come un fenomeno religioso, ma come un elemento che ci dà la consapevolezza dei grandi cambiamenti che sono in corso. Nel libro ho cercato di individuare i cambiamenti radicali con cui ci confrontiamo tutti i giorni, che non riguarda soltanto l’ambiente, ma anche le dimensioni della politica, della nuova socialità e dei nuovi marchi che cercano di comunicare in modo nuovo con il pubblico. Quello che è successo col COVID-19 è un’accelerazione di tutte le dinamiche commerciali, politiche ed economiche: invece di affrontarle in 20 anni le stiamo affrontando in poche settimane.

Nel libro individui degli atteggiamenti tra le persone legati a quei cambiamenti. In questi giorni stai ragionando anche sugli atteggiamenti di queste settimane?

Credo che tutti oggi ci stiamo confrontando con due grandi sentimenti. Dopo un comprensibile shock iniziale il primo sentimento è stato la paura, un’emozione più che legittima e fisiologica quando si ha di fronte una minaccia. Il vero problema è l’angoscia, tutte quelle dinamiche di pensiero negativo e catastrofico che ci prendono quando abbiamo la sensazione di non poter affrontare il futuro e di non poter far nulla.
Ognuno di noi deve combattere, nel proprio mondo personale, questo sentimento di angoscia. Come farlo? Ognuno deve trovare la propria strada. Io, ad esempio, ho selezionato una serie di fonti informative e cerco di guardarle o seguirle sono una volta al giorno e di distrarmi, perché l’angoscia si combatte anche facendo qualcosa di positivo e non ascoltando notizie negative per tutta la giornata.

In questi giorni si tende a fare, soprattutto sui social, un paragone con la guerra. Ovviamente sono due cose molto diverse. Tu cosa ne pensi?

Volevo innanzitutto recuperare il valore nobile del termine apocalisse. Nel libro lo uso nella sua accezione positiva come sinonimo di rivelazione di nuovi Mondi, non come catastrofe. Questa crisi che ci ha colpito, ma non dimentichiamoci che ci sono anche tutte le altre, devono servirci per scoprire nuove realtà. Dobbiamo trovare il modo di rendere positivo tutto questo. È chiaro che la crisi che ci ha colpito è assimilabile ad una guerra, ma bisogna reagire. Se siamo in guerra, cosa occorre fare per gestire questa guerra e magari uscirne? Il mio suggerimento, anche a chi oggi ha leadership politiche, istituzionali, aziendali o economiche e si trova a comunicare, è quello di dare soluzioni e non semplicemente assumere atteggiamenti catastrofici.
Quello che mi colpisce molto, e credo colpisca un po’ tutti, è la mancanza di leadership nei leader normali. Tutti abbiamo seguito negli ultimi mesi o anni leader politici o economici o aziendali che improvvisamente sembrano scomparire di fronte alla crisi che stiamo attraversando. Contemporaneamente, però, assumono nuovo valore o una nuova presenza delle leadership diverse. Pensiamo semplicemente a come alcuni influencer, che fino all’altro giorno si occupavano di moda e di intrattenimento, che oggi si occupano di raccogliere fondi e di dare messaggi positivi alle loro comunità di follower. Anche questo è un segnale di come cambiano i tempi.

Tu individui due figure della nuova apocalisse culturale: Greta Thunberg e il Joker di Joaquin Phoenix. Perché?

Mi hanno colpito entrambe nel 2019 come figure, ma più che individuarle come figure di questi grandi cambiamenti li ho percepiti come messaggeri. Da una parte di Greta mi ha colpito il modo in cui stava rivoluzionando la relazione con il potere. Non dimentichiamoci che Greta è una giovane donna che improvvisamente è riuscita a dialogare coi grandi della Terra. Mi ha colpito questa dinamica di cambiamento della relazione del potere. Finora non era possibile per un giovane di 17 anni parlare con il capo di Stato di una grande Nazione ed essere alla pari. Da lì ho capito che stava succedendo qualcosa nei rapporti di potere e nelle nuove modalità in cui il potere poteva esprimersi. Joker, invece, mi è sembrato un grande simbolo di tutto quel Mondo di disagio che, soprattutto nelle democrazie occidentali negli ultimi anni, stava serpeggiando in modo un po’ underground. Il Joker come “matto” che può cambiare la società immediatamente, nel bene o nel male.
Per tornare alla pandemia che ci ha colpito, è come se tutte queste dinamiche di cambiamento di potere, di cambiamento di socialità e di percezione del Mondo le stessimo vivendo adesso. Una mia collega nei giorni scorsi mi ha detto che in questo mese è come se fossero passati 30 anni in questi giorni. Credo che quando usciremo dalle nostre case non saremo nel 2020, ma saremo nel 2050 e dovremo non tanto ricostruire un Mondo, ma adattarci a questa dimensione tutta da scoprire.

Ballando con l’apocalisse: I nuovi cittadini, i nuovi brand, i nuovi mondi nell’era dei cambiamenti catastrofici” di Andrea Fontana è disponibile anche in versione digitale che può essere acquistato e scaricato tramite le principali piattaforme.

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    In Etiopia inaugurata la diga della discordia

    Il 9 settembre, dopo 14 anni di lavori, l’Etiopia ha inaugurato ufficialmente la Gerd, la Grand Ethiopian Renaissance Dam, il più grande progetto idroelettrico d'Africa, e tra i 20 più grandi al mondo. Da anni la diga è anche causa di tensione con i paesi a valle del Nilo: Sudan e soprattutto Egitto, che temono di vedere ridotte le proprie risorse idriche, anche in considerazione dei sempre più frequenti periodi di siccità. “Questa diga sarà certamente uno degli epicentri di tensione di questa regione nel prossimo futuro” spiega Luca Puddu, docente di storia dell’Africa all'Università di Palermo, al microfono di Sara Milanese. Ascolta l’intervista andata in onda in A come Africa.

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